Cilento, “Come Catarenea, accussì Natalea”

Giuseppe Conte

Il proverbio: “Come Catarenea, accussì Natalea”

Un proverbio ci ricorda la ricorrenza di Santa Caterina d’Alessandria: “Come Catarenea, accussì Natalea”. Pur sfumando nelle diverse varianti dialettali così recita testualmente il noto detto, facendo riferimento alle condizioni climatiche. Tuttavia non è giustificabile da alcun criterio logico la pretesa di avere egual condizione a Santa Caterina e a Natale; è invece del tutto accettabile un profondo significato legato alla magna devozione verso la Santa, esistito negli anni passati anche nel Cilento.

L’immagine di Santa Caterina

Il proverbio, più o meno diffuso, finanche oltre i confini territoriali, assume varianti diverse; è nella memoria un omonimo modo di dire che pone al centro Santa Barbara: “come Barbarea accussì Natalea”, quest’ultimo più tipico della zona partenopea. Interessante è l’intreccio che si verifica in un ulteriore proverbio: “come Catarenea, accussì Barbarea, come Barbarea accussì Natalea”, originando una sorta di catena che unisce due ricorrenze, probabilmente solamente legate a ragioni territoriali in cui prevale la devozione verso l’una o l’altra figura.
Oltrepassando la proverbialità, il culto verso Santa Caterina d’Alessandria è stato senza dubbio assai intenso nel Cilento.
Scarne e incerte sono le notizie sulla sua esistenza terrena. Si conviene che sia vissuta tra la fine del 200 e gli inizi del 300 in Egitto, nella città da cui prende il nome, per distinguerla dalle altre figure omonime come Santa Caterina da Siena. Si festeggia il 25 Novembre. Proprio la scarsità delle notizie a suo favore hanno fatto dubitare della sua reale esistenza, tanto da escluderla per un certo periodo dal martirologio, senza tuttavia impedirne il culto. L’invita l’allora Governatore d’Egitto a riconoscere Gesù Cristo come redentore dell’umanità, senza riuscire nell’intento; il Governatore, dal canto suo, ordina di convincerla ad onorare gli dei, fallendo miseramente. Questo rifiuto costa alla Santa il martirio, dapprima condannata alla ruota dentata che dovrà fare strazio del suo corpo. Miracolosamente Caterina rimase illesa e a quel punto viene decapitata.
Nell’iconografia appare in abiti regali e cinta da corona, ricordando le sue origini principesche. Tra le mani la palma (simbolo del martirio) e il libro (simbolo della sua sapienza). Inoltre, viene spesso affiancata da una ruota o da una spada o ancora da una testa decapitata, in virtù della tipologia del suo martirio.
Nel Cilento, special modo negli anni passati, il culto verso la Santa era molto diffuso. Conferma ne sono state diverse cappelle e numerosi altari intitolati alla sua memoria presenti quasi in ogni parrocchia. Alcune di queste titolazioni ancora sopravvivono: a Melito (Prignano) per esempio, esiste la chiesetta in suo onore; a Perito, sono invece visibili i ruderi dell’antica Chiesa dedicata alla Santa; e ancora, tracce del suo culto sono evidenti a Lustra, Montecorice, Ostigliano (Perito), San Giovanni (Stella C.), ecc.. Inoltre, Santa Caterina compare spesso nella toponomastica locale con l’intitolazione di Vie, Piazze e Contrade: Ogliastro C., Pellare (Moio della Civitella), ecc.

L’insieme di questi pochi dati ci fa presupporre una magna devozione che ha caratterizzato il suo culto nel Cilento. La capillare diffusione nell’onomastica e nelle esposizioni religiose, rivela la storicità della presenza, talvolta ancora viva e accesa, di Santa Caterina d’Alessandria. A Melito (Prignano) la ricorrenza si tiene ancora oggi, mentre altrove si riduce con la celebrazione della Santa Messa in suo onore.

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