Altavilla Silentina, “Palio delle Cente”

Giuseppe Conte

ALTAVILLA SILENTINA. La Domenica successiva al 13 Giugno, festività di Sant’Antonio da Padova, ad Altavilla Silentina da alcuni anni si svolge il “Palio delle Cente”.  Una magna devozione avvolge la ricorrenza del “Santo dei miracoli” che, come da tradizione, viene potato in processione per l’intero abitato accompagnato dalla caratteristiche “cénte”. È su queste basi che nasce l’idea di istituire il “Palio delle Cente”: la VI° edizione è in programma per Domenica 21 Giugno.  L’evento, inoltre, sarà affiancato dai “giochi antichi” che si disputeranno Sabato 21 in Piazza Umberto I, mentre l’appuntamento con il “Palio delle cente” è nella stessa Piazza per le ore 19:00 di Domenica. 

Alcune osservazioni sulle “cénte” nel Cilento e nei suoi dintorni.

L’etimologia e il nome. Stabilire la reale origine del nome è una delle problematiche più consistenti. L’interpretazione popolare pone in modo quasi indiscusso il connubio cénta/cento, riducendo il significato alla quantità numerica che il telaio della cénta dovrebbe contenere. Tale affermazione è del tutto immotivata: è impensabile giustificare in modo forzato la costanza di cento candele nelle cénte: il numero dipende dall’ampiezza e dalla forma di ognuna di esse; ed è comunque improbabile addossare un qualche significato “religioso” al numero cento. Il nome, a mio parere, va ricercato nella funzione della stessa. Nel parlato locale “cénta” e “cinta” padroneggiano nell’onomastica dialettale e di rado si tende a far luce sulle differenze linguistiche, dettate, in questo caso, solamente dalla “e” che, in alcuni idiomi diventa “i” seguendo le regole di una imprecisata grammatica cilentana. Cento, dal canto suo, suona “ciento” ed è, dunque, plausibile una tale interpretazione, ma solo a livello linguistico e non interpretativo.

Forme e significati. È fuor di ogni dubbio che la “cénta” è un dono votivo offerto ai Santi ed alla Madonna, mentre la “cinta” è prevalentemente dedicata alla figura mariana.

Ovaleggiante: simbolo di fecondità. In questo contesto emerge la “cinta” col significato di “casta”. È pensabile che tali strutture venissero portate in processione per affidare alla Madonna la propria esistenza con l’augurio di diventare madri. A supportare questa teoria, è la predominanza quasi assoluta delle donne che si fanno carico del loro trasporto e spesso della loro realizzazione. Si nota, nei cortei processionali recenti, che la quasi totalità delle cinte ovaleggianti è trasportata da una donna. È anche probabile che tale azione sia svolta inconsciamente in tempi recenti, mentre in passato era il frutto di un’importante valenza devozionale. Col significato di “casta” le giovani fanciulle recavano sul capo le “cinte” ovvero “cinte di purezza” esternavano il loro affidamento alla Madre Celeste, affinché concedesse loro il dono di diventare madri. Così si innesta una sorta di tornaconto: dal dono offerto a Maria al dono della vita concesso ad esse. “Ovaleggiante” è la forma di questo “ex-voto”, simbolo per eccellenza della fecondità.

Barchiforme e a torre: una questione di territorialità? I telai che presentano caratteristiche di barca o di torre, possono essere associati alla provenienza della stessa: la prima, potrebbe riferirsi alle località marine mentre la seconda a quelle interne. Tuttavia non vi è certezza su tale deduzione ma è comunque accettabile una simile teoria. Per meglio comprendere questo passaggio, è d’aiuto assistere ai continui pellegrinaggi che dalla tarda primavera si riversano sul Monte Gelbison per omaggiare la Madonna custodita nel Santuario di Novi Velia. Ogni compagnia, di solito, porta con se una o più “cénte”: la provenienza può essere dedotta dalla struttura dei telai,  a barca o a torre per l’appunto. Ciò era maggiormente evidente fino alla metà del secolo scorso, quando i valori cristiani determinavano ancora una profonda devozione che, col passare degli anni si è assottigliata, almeno dal punto di vista delle esternazioni spirituali ma anche materiali.

Una possibile differenza tra “cénte” e “cinte”. Dopo aver dato particolare attenzione alle “cinte”, è possibile differenziare quest’ultime dalle “cénte”: le prime, come ampiamente esposto, ricalcano l’antico rituale della fecondità, le “cénte”, invece, null’altro che doni offerti per grazia ricevuta o per chiederne una diversa rispetto alla fecondità.

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