Ricorso elettorale ad Agropoli, Pesce: «dagli avvocati parole offensive e fuori da limiti tecnici»

Ernesto Rocco
Raffaele Pesce

Torna a parlare Raffaele Pesce, consigliere di minoranza di Agropoli propositore del ricorso elettorale respinto dal Consiglio di Stato. In merito alla conferenza stampa tenuta ieri dal sindaco Roberto Mutalipassi e dai suoi legali, definisce «del tutto fuoriluogo, prive di fondamento e tutt’altro che “tecniche” le frasi proferite dagli avvocati di controparte».

Le perplessità di Pesce

«Mi sorprendono molto, in considerazione proprio della vicenda così come si è presentata a partire dagli undici giorni di lavori della commissione elettorale ufficio centrale, presieduta da un giudice togato che, riscontrate “gravi incongruenze”, oltre a disporre l’invio degli incartamenti di due seggi alla Procura della Repubblica, mi invitava ad adire la Giustizia Amministrativa come unica possibilità di chiarimento.
Ebbene, non ho gioito al deposito della sentenza del primo grado di giudizio, né all’esito della verifica istruttoria demandata alla Prefettura», prosegue.

L’esponente di minoranza parla di «parole offensive, assolutamente fuori dai limiti tecnici e procedurali, proferite nell’aula consiliare dove siedo come consigliere e dove si tennero proprio le operazioni elettorali della Commissione dalle quali tutto ha preso il via, necessariamente. Parole che ledono la mia onorabilità di uomo, di politico, di avvocato».

La posizione degli avvocati del gruppo Liberi e Forti

Sul caso sono intervenuti anche i legali del gruppo Liberi e Forti, Antonello Scuderi ed Elio Cuoco. «Prendiamo atto della sentenza del Consiglio di Stato che ha chiuso la vicenda giudiziaria relativa alle elezioni amministrative di Agropoli. Pur nel rispetto dovuto alla giustizia amministrativa, non la condividiamo e non poche perplessità suscitano le argomentazioni utilizzate per accogliere l’appello. Così, solo per grandi linee e senza scendere in tutti i dettagli, non si può non segnalare che il deposito in giudizio delle tessere elettorali con il timbro della sezione è stato ritenuto idoneo a garantire l’identificazione dell’elettorato, ma stranamente non si e tenuto conto che nelle nostre memorie avevamo segnalato che una tale prova non era stata fornita per tutti i voti contestati».

E nel merito della sezione 21 aggiungono: «appare incredibile che – dopo aver confermato in 861 il numero dei votanti – abbia completamente omesso di considerare che le schede rinvenute votate (vale a dire, la somma delle bianche, nulle e valide) in sede di verificazione sono state 860 e, dunque, che fosse fondata l’eccepita violazione dell’art. 68 del T.U. per la mancata corrispondenza tra il numero dei votanti e le schede rinvenute votate, che comporta la nullità delle operazioni elettorali. Pazienza, questo è e questo deve essere, con buona pace di tutti».

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