Fienili distrutti, caseifici inceneriti dalle fiamme ritenute sempre accidentali o vagamente dolose. Incendi archiviati, fiamme spente dai pompieri e dalla memoria investigativa. Mai scoperti gli autori, men che mai i mandanti nella terra apparentemente tranquilla che fu scelta anche da Raffaele Cutolo per mettersi a riparo dalla cattura. Le fiamme riappaiono minacciose, nei giorni dell’inchiesta dell’Antimafia sul racket delle bufale che ha fatto contare ventitrè arresti, decine di indagati, un giro di mazzette sui contributi per gli abbattimenti dei capi infettati dagli stessi untori della brucellosi. Ma ora c’è un lungo, inquietante elenco di incendi registrati negli ultimi cinque anni nel triangolo Albanella-Altavilla-Capaccio che torna prepotentemente nell’attualità investigativa. Proprio dove operava il racket delle bufale, negli ultimi cinque anni si sono registrati una serie impressionante di incendi con obiettivi fissi: fienili e caseifici. Si comincia nel 2000 al caseificio di Tonino Palmieri, l’azienda Vannulo. Poi c’è un week-end di fuoco tra sabato 13 e domenica 14 ottobre 2001: le fiamme distruggono il caseificio La Perla, della società Milk Way, due piani dell’edificio di via Provinciale a Ponte Barizzo, i macchinari per la produzione delle mozzarelle, gli uffici e il punto vendita. Passano ventiquattr’ore e alle undici della sera della domenica fiemma per il caseificio di Nando e Enzo Barlotti, a Torre di Mare di Paestum. Le fiamme divorano il fienile, oltre 400 balle di fieno, un trattore, un miscelatore e un macchinario per l’espurgo. Poi si arriva al 2004: il 12 agosto e il 2 novembre nel mirino dei piromani entra di nuovo il caseificio Vannulo. In entrambi i casi un unico obiettivo: il fienile. Distrutto. Poi i piromani si spostano alla località «Fravita» di Albanella dove nell’azienda di Domenico Lettieri arrivano il 10 giugno 2005. Che il racket delle bufale puntasse progressivamente a controllare l’oro bianco della piana del Sele, dal latte alla mozzarella, sia attraverso l’usura che l’acquisizione progressiva delle aziende in difficoltà, è un dato che emerge dall’inchiesta del pm antimafia Filippo Spiezia. Ma che gli investigatori dovessero riaprire fascicoli di incendi dolosi avvenuti negli ultimi cinque anni nel triangolo Altavilla-Albanella-Capaccio sembrava davvero ipotesi lontana e remota. Per il momento inquirenti ed investigatori stanno solo ricostruendo la trama dei fatti, senza alcuna connessione diretta con l’inchiesta in corso. C’è una ipotesi al vaglio del investigatori: uno degli incendi all’azienda Vannullo potrebbe essere collegato all’intenzione del noto imprenditore pestano di entrare nel mercato delle pelli, doversificare la già fiorente attività industriale della filiera bufalina. Di qui, le fiamme a titolo fortemente intimidatorio. Basta girare l’angolo ad Albanella, Paestum e Altavilla per sentirsi raccontare storie di racket intorno al mondo dell’oro bianco della piana del Sele. Di società che appaiono e scompaiono, di sigle che nasconderebbero ririclaggio di danaro, di investimenti da scandagliare e che avrebbero fatto saltare ogni criterio di mercato. Ma stavolta l’inchiesta dell’Antimafia potrebbe far nascere faldoni a catena per fare luce su tanti, troppi misteri dell’oro bianco della piana del Sele.