Ricorre oggi, l’anniversario della morte di Luigi Mercantini. Era, infatti, il 17 Novembre del 1872, quando moriva a Palermo.
La storia di Luigi Mercantini
Nacque a Ripatransone, nelle Marche, il 19 Settembre 1821, e presto attivo egli stesso nelle vicende dell’Italia risorgimentale, fu autore di importanti inni patriottici, come ad esempio quello di Garibaldi. Sebbene oggi sia ritenuto un «minore» della letteratura italiana e sia poco conosciuto dagli scolari, è ancora celeberrimo proprio per l’epico e malinconico ”Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!”, versi della poesia, «La Spigolatrice di Sapri», che prima a scuola si studiava a memoria.
La Spigolatrice
«La spigolatrice» ha lasciato un segno indelebile nella nostra identità nazionale. La sua stesura risale al 1857, anno dell’impresa di cui si narra, ovvero la liberazione del sud dall’oppressione borbonica, ad opera di Carlo Pisacane, fervente seguace delle idee mazziniane.
Sotto forma di ballata ispirata alle antiche chanson de geste e anche per certi versi all’epica greca, la storia ambientata nel basso Cilento narra di quegli uomini, alcuni dei quali venuti anche da Ponza, sbarcati per restituire la dignità alle genti locali, che però, come noto, non compresero quest’intento.
Dallo stile tardoromantico, ricco di reiterazioni e momenti di ascesa positiva, che in realtà presagivano un finale tragico, il componimento ha ricevuto da subito lusinghevoli apprezzamenti, come quello di Giovanni Pascoli, dal tono affine. Inoltre, sarebbe penetrato sempre più nella cultura nazionale anche per mezzo di Luigi Tenco, cui ispirò il testo di “Ciao amore ciao” che nel titolo originale recava invece “Li vidi tornare”, ed in cui è presente la frase “Eran trecento, eran giovani e forti”.
Diversi film hanno poi rievocato l’immagine della celebre spigolatrice che “andava un mattino a spigolare” e si invaghì di quel giovane dagli occhi azzurri e i capelli biondi, e dal cui punto di vista dipenderebbe tutto il senso della lirica.
In seguito la spigolatrice è divenuta un simbolo di attrazione turistica a Sapri, da quando, il 25 Giugno 1994, fu posta una statua che la raffigura sullo scoglio dello Scialandro. Lo scorso anno, il 25 settembre, invece, è arrivato un clone della statua, posizionato sul Lungomare.
Le polemiche sulla nuova statua della Spigolatrice
L’anno scorso la questione della nuova Spigolatrice di Sapri aveva sollevato un polverone che, per settimane, ha tenuto banco in diverse trasmissioni Rai e Mediaset, diventando centro di dibattito non solo a livello nazionale, ma anche estero.
La «nuova Spigolatrice» realizzata dall’artista Emanuele Stifano, infatti, è stata giudicata da alcuni «sessista» per abiti e forme abbastanza prosperose, lontana dalla figura descritta dal poeta Luigi Mercantini. Oggi, la statua è divenuta simbolo di buona fortuna, molti sono i ragazzi, ma anche neo sposi, che raggiungono la Spigolatrice per una foto ricordo.
La poesia di Luigi Mercantini
«Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!’ ‘
Me ne andava al mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
ma s’inchinaron per baciar la terra.
Ad uno ad uno li guardai nel viso:
tutti aveano una lagrima e un sorriso.
Li disser ladri usciti dalle tane,
ma non portaron via nemmeno un pane;
e li sentii mandare un solo grido:
“Siam venuti a morir pel nostro lido”.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
un giovin camminava innanzi a loro.
Mi feci ardita, e, presol per la mano,
gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”
Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
Vado a morir per la mia patria bella”.
Io mi sentii tremare tutto il core,
né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Quel giorno mi scordai di spigolare,
e dietro a loro mi misi ad andare:
due volte si scontrâr con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
ma quando fûr della Certosa ai muri,
s’udirono a suonar trombe e tamburi;
e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
piombaron loro addosso più di mille.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!
Eran trecento e non voller fuggire,
parean tre mila e vollero morire;
ma vollero morir col ferro in mano,
e avanti a loro correa sangue il piano:
fin che pugnar vid’io per lor pregai,
ma a un tratto venni men, né più guardai:
io non vedea più fra mezzo a loro
quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
Eran trecento, eran giovani e forti,
e sono morti!»