Cresce l’attesa tra i fedeli: domenica la riapertura del Santuario del Sacro Monte di Novi Velia

Concepita Sica
Madonna Santuario di Novi Velia- foto di Monte Sacro Frazione di Novi Velia

La comunità di Novi Velia è in trepidante attesa per la riapertura del Santuario Maria SS.ma del Sacro Monte. Questo evento tanto atteso si svolge ogni anno l’ultima domenica di maggio, e quest’anno l’apertura è prevista per il 28 maggio.

Attesa tra i fedeli per la riapertura del Santuario

Il 28 maggio, giorno di Pentecoste, segna il ritorno delle attività pastorali dopo il periodo invernale. I fedeli aspettano con amore questo momento, un appuntamento a cui nessuno vuole mancare. Durante questi mesi di lontananza forzata, i devoti hanno affidato le loro preghiere alla Madonna, riponendo speranze nei momenti di difficoltà e sofferenza.

La cerimonia

Alla cerimonia di apertura sarà presente Mons. Ciro Miniero, Amministratore Apostolico di Vallo della Lucania e Coadiutore della Diocesi di Taranto. Il Santuario rimarrà aperto fino all’8 ottobre.

Il Santuario, dedicato alla Vergine del Sacro Monte, si riapre al culto dopo la pausa invernale. La celebrazione liturgica sarà guidata da Sua Eccellenza Mons. Ciro Miniero, seguita dal commovente momento in cui sarà svelata l’immagine della Madonna.

Il Santuario di Novi Velia: tra culto e tradizioni

Situato a 1707 metri sul livello del mare, il Monte Gelbison, il Santuario della “Madonna di Novi Velia” è il santuario più alto d’Italia. Offre una vista panoramica mozzafiato a 360 gradi, che spazia dal Monte Stella al Massiccio del Monte Cervati (la vetta più alta della Campania, con i suoi 1908 metri), dalla pianura di Casal Velino-Ascea alla baia di Palinuro. Nei giorni limpidi, si può persino intravedere il golfo di Salerno e l’isola di Capri, oltre a scorgere il Cristo di Maratea e le coste della Calabria.

Meta di pellegrinaggi da diversi secoli, si ritiene che le origini del santuario risalgano al X-XI secolo, quando monaci italo-greci si stabilirono sul luogo, che potrebbe essere stato un sito religioso pagano dedicato alla dea “Hera”. Tracce di queste origini sono ancora presenti nella struttura della Chiesa. Il documento più antico che attesta l’esistenza del santuario risale al 1131.

Considerando anche il significato del nome del monte, “Gelbison” (il nome arabo Gebel-el-son significa “monte dell’idolo”), si può ipotizzare che fosse già conosciuto come sito religioso al tempo dei Saraceni.

Le pietre del Santuario mariano di Novi Velia trasudano una storia millenaria e testimoniano il passaggio di numerosi pellegrini nel corso del tempo.

Il pellegrinaggio

Maronna del Monte, quanto sei bella, ngoppa sto Monte ‘ncoronata di stelle.

Il sole ti adora

e la luna s’inchina

evviva evviva

la nostra Regina».

Ecco come canta il pellegrino che si appresta ad affrontare la salita verso il Monte. I tratti distintivi del pellegrino sono il suo sguardo rivolto verso quella Chiesa che sorge sulla vetta e il cuore pieno di emozione, perché tornare al Monte di Novi è un momento denso e carico di commozione.

La fresca brezza sul viso, proveniente dai maestosi faggi e dai oltre 1700 metri di altitudine, è il segno inequivocabile della vicinanza alla cima del monte, dove si erge il Santuario.

La prima tappa ufficiale del pellegrinaggio consiste in tre giri intorno alla “Croce di Rofrano”, una gigantesca montagna piramidale di pietre di varie dimensioni, sovrastata da una croce di ferro. Questa tradizione dei pellegrinaggi è testimoniata dalle pietre che i fedeli hanno portato come segno di presenza e impegno di riconciliazione con Dio nel sacramento della Penitenza.

Il fedele intraprende quindi l’ultima parte della salita, accompagnato dalle toccanti immagini delle stazioni della Via Crucis. Poi raggiunge una piccola piazza con una croce di pietra al centro e compie altri tre giri intorno ad essa; e ancora, prima di entrare nella Chiesa, fa altri tre giri intorno al perimetro del Santuario.

Nella piazza antistante il Santuario, dove si trovano una piccola Chiesa dedicata a San Bartolomeo e il campanile, gruppi di pellegrini intonano canti, anche in dialetto cilentano, per salutare la Vergine. È un tripudio di voci, suoni e colori.

La “compagnia” è l’anima del pellegrinaggio. Tutto viene fatto insieme: dalla salita al Monte, ai vari gesti rituali, dal saluto alla Madonna alla partecipazione alla Santa Messa, fino al conviviale pranzo al sacco.

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