Cosa ci resta di un anno di guerra?

Serena Vitolo

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio del 2022, le condizioni del conflitto sono cambiate profondamente. I piani della Russia, che inizialmente sperava di rovesciare il governo democraticamente eletto dell’Ucraina in poche settimane con una “guerra lampo”, sono falliti e la guerra si è trasformata in un ampio conflitto con conseguenze enormi in tutto il mondo.

Si stima che i soldati morti in quest’anno siano più di 100 mila tra gli ucraini e quasi 200 mila tra i russi.

Siamo stati accompagnati da immagini che hanno dato il volto ad una guerra ad un passo da noi ancora in corso: l’immagine di Olena Kurilo, un’insegnante di Chuguev, nella regione di Kharkiv. La sua foto ha fatto il giro del mondo diventando emblema del conflitto tra Russia e Ucraina e occupando le prime pagine dei giornali, che così hanno raccontato l’invasione di Mosca.

C’è poi il bacio del soldato: Yuri che dice addio a Victoria prima di salire a bordo di un treno per Dnipro dal terminal principale dei treni di Leopoli.
Da qui partono i convogli diretti verso Est, ossia verso le zone colpite dai raid russi. E qui arrivano anche i convogli di sfollati usciti dalle città più colpite.

Infine, le immagini delle rovine dell’ospedale pediatrico devastato dalle bombe, con una donna incinta portata via in barella.
Scene terribili che il presidente ucraino Zelensky ha definito “la prova definitiva che è in corso il genocidio degli ucraini”.

Oggi, a distanza esatta di un anno, osserviamo l’utilizzo delle risorse di un paese intero per spese militari, la maggiore esposizione delle fasce sociali svantaggiate agli effetti diretti e indiretti dei conflitti, l’impatto in scala mondiale sui sistemi alimentare, energetico e finanziario che colpiscono in maniera sproporzionata le fasce sociali meno abbienti.

Senza dubbio, di questo anno, ci resta l’aver scoperto che, nel cuore dell’Europa, c’è un paese che finora aveva rappresentato soltanto la terra natale delle nostre badanti.

Un paese che porta due colori, quello del cielo e quello del sole, che si è vestita di un’unica divisa, quella della dignità.
Un paese che continuerà a difendersi in una delle tante guerre che offendono l’uomo, cittadino del mondo.

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