“Annunciazione, annunciazione! “.. Così Massimo Troisi faceva ridere l’Italia

Serena Vitolo

Massimo Troisi. Perché ci manca tanto.
Perché rappresenta una comicità che rispecchia una vita più felice.
Manca quella Napoli, quella musica creata ad hoc per i suoi film (in realtà Massimo Troisi e Pino Daniele, da amici, giocavano su chi fosse il primo a produrre l’idea e chi seguisse).
Manca quell’aspetto così familiare, il sorriso aperto, la voce di Massimo, la naturalezza con cui metteva a nudo l’essere umano senza dover escogitare nessuno artefatto comico.

Definire Troisi un comico napoletano è, tuttavia, una banale limitazione.
Troisi è riuscito a mescolare la sua comicità a quella romana o toscana di attori come Verdone o Benigni che lo ricordano nel docufilm “Il mio amico Massimo” dedicato a Troisi a 70 anni dalla nascita, dove Alessandro Bencivenga ricorda il grande attore e regista, in cui Roberto Benigni dice di Massimo: “La gioia di bagnarsi in quel diluvio di jamm, o’ saccio, ‘naggia, oilloc, azz!; era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz. “Non si capisce”, urlavano sicuri,
“questo Troisi se ne resti al Sud!”
Adesso lo capiscono i canguri, gli Indiani e i miliardari di Hollywood! Con lui ho capito tutta la bellezza di Napoli, la gente, il suo destino, e non m’ha mai parlato della pizza, e non m’ha mai suonato il mandolino”.

Di Massimo Troisi manca la ‘nostra’ risata.
Noi non ridiamo più, ormai assuefatti da meme e tendenze di breve vita che si alternano a spettacoli scandalo con valutazioni moraliste o strumentazione mediatica immorale di bassa cultura.

I ‘Meme’ di Massimo sono eterni, diffusi, rintracciabili facilmente nella memoria piú profonda degli adulti di oggi che si sintonizzato immediatamente nel condividere felicità se solo qualcuno ricorda d’improvviso “un fiorino!” , o “Robertino, iesc’, va tocca e’ femmine” o “vieni, vieni..”
Quanta intesa, condivisione di allegria in questi codici del buonumore!

Morto a 41 anni, Massimo Troisi è considerato l’erede naturale di Eduardo De Filippo e di Totò. Il successo arriva con “Ricomincio da tre” (1981), il film che decreta il suo trionfo come attore e come regista. Dall’inizio degli anni ottanta si dedica esclusivamente al cinema interpretando dodici film e dirigendone quattro. Malato di cuore sin dall’infanzia, muore il 4 giugno 1994 a Roma, per un fatale attacco cardiaco. Il giorno prima aveva terminato la sua ultima pellicola, “Il postino”, per il quale sarebbe stato, qualche tempo dopo, candidato ai premi Oscar come miglior attore e per la miglior sceneggiatura non originale.

Massimo Troisi era l’esatto riflesso di una società migliore, ‘fatta a mano’, timida, romantica.
Il contrario di fatto a mano? Prodotta in serie come i nostri sorrisi privi di gioia.

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