A San Pietro al Tanagro la mostra “Com’eri vestita” contro la convinzione gli abiti indossati dalle vittime di stupro siano legati alla violenza subita

Federica Pistone
Conferenza San Pietro al Tanagro

E’ stata inaugurata ieri a San Pietro al Tanagro la mostra itinerante “Com’eri vestita” in occasione del 25 Novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

La mostra allestita presso l’atrio , della Casa Comunale di San Pietro al Tanagro, in Piazza Enrico Quaranta, è organizzata dal Comune di San Pietro al Tanagro, la Cooperativa sociale ISKRA e il SAI Casa di Miriam . Si tratta di un’iniziativa Amnesty International, realizzata in collaborazione con l’Associazione Libere Sinergie di Milano, che l’ha importata dagli Stati Uniti adattandola al contesto italiano.

La conferenza stampa

Alla conferenza stampa di presentazione hanno preso parte il sindaco di San Pietro al Tanagro, Domenico Quaranta, insieme a Angelamaria Isoldi, psicologa di Casa di Miriam, la coordinatrice di Casa di Miriam, Miriam Cariati, Eleonora Pagano, psicologa e psicoterapeuta supervisora di Casa di Miriam, e la responsabile del Centro Antiviolenza Aretusa, Katia Pafundi. Ad ispirare la mostra, che da anni gira l’Italia, è il poema “What i wash wearing?” (traducibile in italiano “Cosa indossavi?”) che Mary Simmerling scrisse nel 2013, in cui descriveva l’esperienza di stupro da lei vissuta nell’estate del 1987. La poesia con parole semplici e incisive racconta il terribile evento attraverso il filtro del pregiudizio, narrando soprattutto l’indicibile vergogna cui è esposta la vittima di violenza.

La donna descrive il suo abbigliamento da capo a piedi, rispondendo alla ripetuta domanda “Cosa indossavi?”, e conclude con un’affermazione incisiva che riformula il quesito ribaltando, di fatto, la prospettiva: “Ricordo anche cosa indossava lui quella notte anche se in verità questo nessuno lo ha mai chiesto”. Obiettivo dell’istallazione è, dunque, rendere tangibile uno dei più resistenti stereotipi che riguardano lo stupro: la convinzione che l’abito indossato dalla vittima possa essere correlato alla violenza subita. Un messaggio che è più che mai urgente ribadire per annientare il pregiudizio principale che accompagna molte storie di violenza, ovvero la convinzione che la vittima in qualche modo “se la sia cercata” o ne sia stata inconsciamente responsabile.

17 storie di violenza

17 storie di violenza, accompagnate da 17 unità indossati dalle vittime: tute, pigiami, maglioni a collo alto che riproducono quelli reali indossati al momento dell’abuso. Sono proprio quelle trame di tessuti che guidano i visitatori e le visitatrici in un percorso di sensibilizzazione e presa di coscienza, nell’intento di demolire quella “cultura dello stupro” alimentata dagli stereotipi culturali e di genere

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