A Moio della Civitella ritorna il “rito delle croci”

Appuntamento per domani 2 aprile sulla collina della Civitella

Antonio Pagano

L’inizio della primavera ha un particolare significato per la Civitella, dove gli antichi riti propiziatori agrari trovano riflesso nel culto della Vergine. La Benedizione delle Croci nel giorno dell’Annunciazione ne rappresenta uno dei principali momenti.

Il rito delle croci a Moio della Civitella 

Infatti, ogni 25 marzo, giorno dell’Annunciazione, si fa rivivere la tradizione della Benedizione delle Croci nella Cappella dell’Annunziata, la chiesetta dedicata alla Madonna dell’Annunziata, posizionata sulla sommità della Civitella. 

Durante la cerimonia, le croci di castagno vengono benedette e piantate nei campi in segno di fertilità; un’antica tradizione che riporta ai riti propiziatori per la nuova stagione di semina e raccolto. Quest’anno la coincidenza con la settimana pasquale ne ha comportato lo spostamento al martedì successivo 2 aprile.

Il commento

«Sulla Civitella persiste la memoria di una tradizione antica, in cui il 25 marzo, il giorno della nascita, si celebra anche il giorno della morte dello stesso Cristo. – spiegano dal Parco della Civitella – Prima che i chierici avviassero il complicato calcolo del giorno della Pasqua. Una norma che ci riporta al Concilio di Efeso del 449 e poi di Calcedonia del 451, quando si confermò l’ortodossia del duofisismo di contro l’eresia del monofisimo.

Ad ascoltare bene, sul territorio, si percebisce ancora l’eco del confronto tra Costantinopoli e quel cristianesimo orientale ispirato alla chiesa di Antiochia e della Palestina. Una tradizione che tutti hanno dimenticato ma che qui persiste, anche se i figli hanno perso il ricordo dei padri ma ne imitano le gesta , rispettandole. Piero della Francesca nella sua Storia della Croce aveva ancora chiaro quel significato.

Così come quella Croce nelle mani di Elena imperatrice si era rivelata nel resuscitare un morto, nei campi e nelle vigne ai piedi della collina della Civitella la stessa viene ancora usata per propiziare la natura, da una cultura contadina purtroppo notevolmente affievolita. Questa tradizione costituisce di fatto un unicum sul territorio e pertanto è stata proposta per l’inserimento nel catalogo IPIC (Inventario del Patrimonio Immateriale della Campania)».

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