26 febbraio 2020: nel Cilento si registrava il primo caso di Covid-19

La paziente uno, una ragazza di 26 anni di Montano Antilia, ecco la ricostruzione

Fiorenza Di Palma
Covid

Il 26 febbraio di tre anni fa, si registrava il primo caso Covid-19 nel Cilento. La paziente uno, una giovane di 26 anni di Montano Antilia, ma residente a Cremona per motivi lavorativi, fece ritorno nel centro cilentano e venne ricoverata presso l’ospedale San Luca di Vallo della Lucania per aver contratto il coronavirus.

La ricostruzione del paziente “uno”

La ragazza, di origine ucraina, fu poi trasferita all’ ospedale “Cotugno” di Napoli. Nel 2020, all’inizio dell’emergenza sanitaria, l’Italia fu il primo paese europeo a essere colpito dall’epidemia. I tamponi venivano inviati all’ospedale Spallanzani di Roma e da lì arrivò la notizia della positività della paziente uno.

Subito il sindaco di Montano Antilia pose in isolamento tutti coloro che erano entrati in contatto con la giovane, a partire dalla sua famiglia.

La preoccupazione del Presidente De Luca

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, mostrò grande preoccupazione per la diffusione del virus. Del primo caso Covid-19 nel Cilento, si interessò anche De Luca che stigmatizzò il ritorno della biologa da un ospedale lombardo nel Cilento e fece un duro richiamo alla responsabilità, chiedendo di evitare viaggi nelle aree a rischio non necessari.

Quando la paziente risultava positiva al virus, si procedeva a ricostruire tutta la catena dei contatti avuti nelle ore precedenti. Per seguire questo caso ci furono bisogno di 36 ore. Uno dei familiari della giovane frequentava il Liceo di Vallo della Lucania, frequentato da 800 studenti.

Si dovette individuare l’autista del pullman che l’aveva accompagnata da Salerno a Vallo, informare Trenitalia sull’orario di provenienza del treno su cui aveva viaggiato per fare eventuali controlli sui passeggeri e la disinfezione, i 5 cittadini che viaggiavano sul pullman e chiudere la scuola prima di avere i risultati.

L’inizio dei focolai

All’inizio della pandemia, grande era la preoccupazione per coloro che viaggiavano da Nord a Sud. Tutti erano scossi da quello che stava accadendo a Codogno, prima zona rossa, e in generale in tante città settentrionali. Roventi polemiche furono sollevate un paio di settimane più tardi per le cosiddette “fughe” a seguito del DPCM governativo che sanciva la zona rossa nazionale.

La diffusione del virus continuò, e una situazione di grande criticità si sviluppò nel Vallo di Diano, la zona più colpita nella prima fase con diverse vittime. Il focolaio che interessò tutto il comprensorio partì da un raduno religioso tenutosi a Caggiano.

Covid-19, tre anni dopo

La situazione divenne ben presto ingestibile nonostante il lavoro senza sosta dei sanitari. Anche il resto del comprensorio del Cilento risultò colpito, e ben presto si registrarono i primi casi anche nei centri più grandi come Agropoli con conseguenti morti.

Possiamo dire di essere, a distanza di tre anni, di essere quasi definitivamente fuori dal tunnel e questo grazie non solo ai vaccini; ma anche ai grandi sacrifici affrontati in questi ultimi anni.

La pandemia ha sicuramente sconvolto le nostre vite, oggi incute meno timore; ha introdotto nel nostro vocabolario, termini di cui, fino a qualche anno fa, non avevamo mai pronunciato con così tanta frequenza come lockdown, green pass, mascherine, igienizzanti, tamponi, congiunti e così via….!

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