Il pittore Luis Paolillo: dalla Costiera Amalfitana a Buenos Aires

Gerardo Severino

In alcuni importanti Musei di Buenos Aires, così come in molte collezioni private (celebre le collezioni di Gaby Salomon, dello Stegman e del Tarnassi) erano o sono esposti i quadri del maestro Luis Paolillo, oggi poco conosciuto nel mondo dell’arte pittorica internazionale, ma un tempo molto famoso, sia in Argentina, ove visse i primordi e la celebrità artistica, sia in Italia, in particolar modo nell’ambito della costiera Amalfitana, dalla quale, peraltro, era originario. Eppure i quadri, per lo più olio su cartone, prodotti da questo prolifico artista sono oggi particolarmente quotati in termini economici, peraltro posti in vendita sia da rinomate Case d’Asta che sui vari mercati online, come Ebay. Luis Paolillo è stato, quindi, uno dei tanti figli del nostro Sud che resero lustro alla propria Patria, contribuendo alla crescita culturale e artistica di quel grande Paese del Sud America, per l’appunto l’Argentina, che all’indomani del 1870 accolse milioni di italiani in fuga dalla desolazione e dalla povertà, come ho già ricordato in altri contributi pubblicati da questo magazine.

Luigi Domenico Giovanni Paolillo nacque a Maiori il 9 agosto del 1864, figlio primogenito di Raffaele, un umile calzolaio e di Teresa Prisco, casalinga. La famiglia ben presto avrebbe messo al mondo altri figli, fra i quali altri quattro maschi e varie femmine, ragion per cui il destino del piccolo Luigi sembrò già segnato. A causa delle ristrettezze economiche che giocoforza i genitori dovettero affrontare, Luigi fu indirizzato alla vita ecclesiastica, messo quindi a collegio presso la storica Badia Benedettina di Cava dei Tirreni. La scelta non era certo un capriccio di Raffaele Paolillo, bensì una buona idea grazie alla quale la futura carriera sacerdotale avrebbe assicurato un buon futuro sia a lui che al resto della famiglia, costretta purtroppo a vivere, come tanti contemporanei d’allora, una vita difficile. Ricordiamo che a quei tempi anche la stupenda Costiera era stata colpita da una profonda crisi economica, la quale aveva minato alle fondamenta le tradizionali attività produttive locali, dalle storiche e rinomate cartiere, ai pastifici e la stessa agricoltura, penalizzando gli strati più deboli della popolazione, una parte della quale tentò la strada dell’emigrazione. Ma la passione innata che Luigi nutriva per la pittura alla fine prevalse sui progetti paterni, non incontrando, per sua fortuna, particolari ostacoli. Abbandonata, quindi, Cava, Luigi iniziò l’inevitabile apprendistato, dapprima presso lo studio del celebre pittore maiorese Gaetano Capone (1845 – 1924), capostipite della corrente pittorica detta “dei Maioresi” (ma anche “Scuola di Amalfi” o dei “Pittori costaioli”) e in seguito in quello di Raffaele D’Amato (1857 – 1921), che prima di lui era stato allievo dello stesso maestro.

All’età di diciassette anni, Luigi si trasferì a Napoli, dove era riuscito ad accedere presso la prestigiosa Regia Accademia di Belle Arti. Luigi Paolillo era, tuttavia, già un artista noto e apprezzato quando, nel 1889, seguendo l’esempio del suo conterraneo Antonio Ferrigno, che era emigrato in Brasile, decise di partire per l’Argentina, fissando la propria dimora nella bellissima Buenos Aires. In Italia, infatti, egli aveva esposto alcune delle sue opere più importanti, partecipando alle varie edizioni che la celebre “Società Promotrice di Belle Arti” organizzò a Firenze e a Napoli tra il 1883 e il 1888. Nella capitale porteña il maestro di Maiori, ormai noto come Luis Paolillo, abbandonò la pittura di genere per dedicarsi definitivamente al paesaggio, affascinato dalle bellezze della natura argentina. Divenne famoso nel giro di un decennio, tanto da meritarsi la pubblicazione di una lusinghiera biografia in un supplemento del celebre quotidiano “La Nación” del 1904, biografia dalla quale apprendiamo dei suoi successi artistici durante le Esposizioni Nazionali organizzate a Buenos Aires nel 1896, 1898 e nel 1903, grazie alle quali l’artista italiano se ne giovò anche sul piano economico. In particolare, in occasione della “Exposición del Estimulo de Bellas Artes” che si tenne a Buenos Aires nel 1903, Paolillo si aggiudicò, con il quadro dal titolo “Dia de Otoño” (“giorno d’autunno”) il primo premio “José Gregorio Berdier”, che gli fu consegnato personalmente dalla Signorina Hortensia Berdier. Divenuto uomo ricco e affermato, Luis decise di far ritorno in Patria, ove nel frattempo i fratelli più piccoli Vincenzo, Alessandro, Nicola e Tommaso avevano già iniziato una propria attività lavorativa, chi come calzolaio, chi come “industriante”.

Bisognava ovviamente sistemare le sorelle, alle quali occorreva la classica “dote”. Tornato, quindi, a Maiori nel corso dello stesso 1903, Luis Paolillo oltre a provvedere alla famiglia iniziò a ritrarre nuovamente i panorami mozzafiato della Costiera, così come gli angoli più misteriosi di quel meraviglioso territorio. Il maestro di Maiori visse tra la sue gente sino al 1907, anno in cui la nostalgia per Buenos Aires ebbe la meglio. Nella capitale della Repubblica Argentina, già nel corso dello stesso anno, gli fu commissionato l’affresco della Chiesa di San Francesco e di quella del Sacro Cuore di Gesù. Sempre a Buenos Aires espose, quindi, in occasione della rassegna internazionale allestita per il Centenario della Rivoluzione di Maggio, mentre a Santiago del Cile, sempre in occasione del Centenario dell’Indipendenza, tenne una mostra personale. Fu, poi, la volta del Salone Nazionale del 1911, al quale seguì un importantissimo incarico da parte del Ministero della Marina Argentina, il quale gli chiese di realizzare una serie di quattro paesaggi tra Ushuaja e Capo Horn, nella Terra del Fuoco, l’estremità più meridionale del continente Sudamericano nei pressi dello Stretto di Magellano, destinati in seguito al Museo Navale di Buenos Aires. Agli inizi del 1913, Luis Paolillo fece ritorno in Italia, aprendo così uno studio a Salerno. Nel febbraio di quello stesso anno fu persino ricevuto dal re Vittorio Emanuele III, al quale donò una collezione di foto che ritraevano le sue opere eseguite nel soggiorno nella Terra del Fuoco. Qualche tempo dopo visitò il Perù, il Brasile, l’Uruguay, il Paraguay. Fra le molteplici opere che caratterizzarono quel periodo meritano certamente menzione le scene che ritraggono le maestose cascate dell’Iguazù, così come alcuni scorci della celebre Cordigliera delle Ande. Impossibilitato a viaggiare nuovamente a causa dello scoppio della “Grande Guerra”, il maestro Paolillo rimase a Salerno sino al 1921, data in cui riprese nuovamente la nave, ma questa volta per raggiungere gli Stati Uniti d’America, ove sarebbe rimasto sino al 1929. Ovviamene non si fermò alla sola “grande mela”, esponendo, infatti, i suoi quadri in personali organizzate sia a New York, Filadelfia, Montevideo, Buenos Aires, Cincinnati e persino ad Ottawa. Nel corso del 1929, ormai anziano, Luis Paolillo fece ritorno definitivo in Italia. Si sposò e si stabilì nella bellissima Vietri sul Mare, ove rimase fino alla morte, avvenuta nel maggio del 1934, esattamente dieci anni dopo quella del suo mai dimenticato maestro, Gaetano Capone.

Considerato uno dei maggiori pittori della Costa Amalfitana del XIX e XX secolo, assieme a Luca AlbinoAngelo Della Mura e Antonio Ferrigno, Luis Paolillo fu a sua volta maestro per molti pittori, fra i quali anche la celebre pittrice e fotografa Maria Bertolani (Milano, 11 marzo 1896 – Salerno, 1° dicembre 1960, esponente di un’affermata famiglia di fotografi di origini emiliane che, alla fine dell’Ottocento, si stabilì a Salerno, fondando lo studio “Fotografia Milanese”, che divenne uno degli atelier fotografici più importanti della città. Come ricordano alcuni critici d’arte, Luis Paolillo fu un pittore dotato di fine sensibilità. Egli stesso ebbe modo di affermare – nell’aprile 1934, un mese prima di morire – che lo affascinavano: «le meraviglie immateriali della vita; la luminosità del sole; i prati fioriti; le bellezze del mare; il canto degli uccelli; la dolce luce del plenilunio; le notti piene di pace di silenzio e di mistero…»  (cfr. Massimo Bignardi – Ada Patrizia Fiorillo, “I pittori di Maiori. Artisti della Costa di Amalfi tra XIX e XX Secolo”, pp. 115-122). Si tratta, come è facile intuire, di caratteristiche naturali che solo l’amata Argentina gli aveva saputo offrire, durante le sue peregrinazioni artistiche. Ne è una testimonianza il quadro dal titolo “Tramonto”, attualmente esposto presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno, a Palazzo Pinto, che molto probabilmente, considerate le caratteristiche della scena ritratta, Luis Paolillo dipinse durante il suo soggiorno in Patagonia, ovvero pensando a quella straordinaria esperienza di vita, una volta tornato in Patria.  

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