Il viaggio degli Argonauti che tocca il Cilento

Maria Elena Mingione

Uno dei miti più belli e affascinanti della mitologia greca è sicuramente quello degli Argonauti secondo cui Giasone, erede del trono di Iolco, radunò una cinquantina di uomini, gli Argonauti appunto, per riuscire nell’impresa che gli avrebbe fatto giustizia, restituendo il trono era stato ingiustamente usurpato al padre.

Giasone era il figlio di Esone, l’erede del trono di Iolco. Pelia usurpò il trono del fratello e lo fece imprigionare e quest’ultimo decise di proteggere il figlio Giasone mandandolo a vivere sul monte Pelio, custodito dal centauro Chirone. Quando Giasone divenne adulto decise di reclamare il trono ed il regno.

Lo zio però ebbe paura di affrontarlo e così gli disse che avrebbe ottenuto il trono solo quando sarebbe riuscito a riportare dalla Colchide il Vello d’Oro, oggetto che si diceva avesse il potere di curare ogni ferita.

Il Vello d’oro era situato su un albero sacro ed era custodito da due tori sputafuoco dagli zoccoli di bronzo e da un drago, motivo per il quale Pelia era convinto che il nipote non sarebbe uscito vivo dall’impresa.  Giasone però, deciso ad ottenere il trono, radunò tutti i guerrieri della Grecia per farli unire a lui tra i quali vi era Argo che costruì la nave da cui prese il nome.

Gli Argonauti affrontarono molte avventure tra cui l’incontro su un’isola con Fineo, re ed indovino, che era stato maledetto da Zeus poiché non accettava l’idea che un mortale potesse prevedere il futuro. la maledizione consisteva nella presenza delle arpie, mostri-uccello con la testa di donna che privavano Fineo di qualsiasi cibo e che lo avevano fatto ridurre pelle e ossa. Gli argonauti sconfissero le arpie e così Fineo  disse loro cosa li aspettava e gli diede dei consigli sulla navigazione delle Simplegadi, scogliere rocciose che schiacciavano qualsiasi imbarcazione impedendo il loro superamento. Quando gli argonauti arrivarono presso queste due gigantesche rocce , sotto consiglio di Fineo mandarono tra le grandi scogliere una colomba che provocò lo scontro. A quel punto la flotta remò il più veloce possibile per attraversale le Simplegadi prima del prossimo scontro così gli Argonauti divennero i primi ad essere riusciti a superarle.

Quando gli argonauti arrivarono nella Colchide trovarono il re Eeta che assegnò a Giasone dei compiti che avrebbe dovuto superare per dimostrare che era degno del Vello d’oro. Giasone riuscì a superare le difficili prove grazie all’aiuto di Medea, figlia del re, che si era innamorata di lui.

Sorpreso dal successo di Giasone, Eeta provò ad uccidere lui e gli argonauti, ma riuscirono a scappare insieme con Medea e con il Vello d’oro. Così dopo altre peripezie gli argonauti tornarono in Tessaglia e Giasone potè consegnare il vello d’oro allo zio che nel frattempo aveva ucciso i suoi genitori. Giasone per vendicarsi chiese aiuto a Medea che ingannò le figlie di Pelia convincendole ad uccidere il loro stesso padre.

Giasone così ottenne il trono, ma ben presto dovette abbandonarlo poiché i cittadini non accettavano una maga per regina e così concesse il trono al figlio di Pelia, Acastro.

Si pensa che Giasone e i suoi compagni nel viaggio di ritorno dalla Colchide, dopo aver ottenuto il Vello d’oro, percorsero un itinerario diverso dall’andata e che non solo attraversarono i mari, ma anche i fiumi. Così secondo la tradizione antica si fermarono presso la foce del fiume Sele e lì fondarono il santuario di Hera Argiva per ingraziarsi la dea Era, protettrice della navigazione e fertilità, situato nell’odierno comune di Capaccio Paestum

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