25 dicembre: Natale del Signore

Concepita Sica

È il messaggio di gioia che giunge ai pastori mentre nel silenzio della notte si scaldano intorno ad un fuoco.
Il più grande annuncio, quello della nascita del Messia, del Salvatore, atteso da secoli, viene portato non ai potenti della terra, non ai dottori del Tempio, ma ad umili pastori, ultimi per la società del tempo.
È la meravigliosa logica di Dio!
Questo messaggio di gioia risuona oggi nella festa più celebrata al mondo: il Natale. San Francesco di Assisi definiva il Natale: “Festa delle feste” (Fonti Francescane 787).

È il mistero della nascita di Cristo che rende possibile l’attuazione del mistero della sua Risurrezione. Da sempre la Chiesa, nella liturgia, ha tenuto insieme le celebrazioni della Pasqua e del Natale. “Dopo l’annuale rievocazione del mistero pasquale, la Chiesa non ha nulla di più sacro della celebrazione del Natale del Signore e delle sue prime manifestazioni” (Norme Generali per l’Ordinamento dell’Anno Liturgico e del Calendario, 32).
La celebrazione del mistero della Pasqua richiede il suo Natale.

La storia

La celebrazione del Natale venne istituita a Roma fra il 243 ed il 336. La festa del Natale è dunque partita da Roma ed è uno dei pochi casi di festività che da occidente va verso oriente.
Si è insistito molto in passato, e qualcuno ancora oggi insiste, sull’argomento relativo alla nascita della festa del Natale come del tentativo si soppiantare o di cristianizzare la festa pagana del “Natalis solis invicti”. Certamente si può anche intravedere all’origine di questa festa l’audace decisione di far emergere nella Roma pagana la solennità della nascita di Colui che è la vera Luce del mondo, di Cristo vero Sole di giustizia. Ma la celebrazione della mistero del Natale si spinge oltre quella che potrebbe sembrare una sorta di “controfesta”.

La valorizzazione della nascita di Cristo è anche una conseguenza dell’approfondimento teologico-liturgico maturato in seno alla Chiesa anche come risposta alle numerose eresie cristologiche che pullulavano nei primi secoli cristiani.
Eppure la data del 25 dicembre come giorno della nascita di Cristo si trova tra le righe della Sacra Scrittura.
Guardando con più attenzione i Vangeli ci si accorge che c’è una stretta relazione tra la nascita di Gesù e la nascita di Giovanni Battista.
L’annuncio della nascita del Salvatore, che l’angelo Gabriele porta a Maria, è fatto precedere dall’evangelista Luca da un’annotazione temporale: “Sei mesi dopo”. Questa parentesi temporale rimanda però a quanto è avvenuto sei mesi prima, ovvero l’annuncio dell’angelo a Zaccaria sulla nascita di Giovanni Battista. San Luca dice che Zaccaria, che apparteneva alla classe sacerdotale di Abijah, si trovava nel Tempio ed esercitava le sue funzioni quando l’angelo Gabriele gli annunciò la nascita del figlio (Lc 1,5-13).
La scoperta a Qumran delle liste dei turni sacerdotali al Tempio offre notizie anche sui turni per il servizio al tempio della famiglia di Abijah che capitavano due volte l’anno: dall’8 al 14 del terzo mese e dal 24 al 30 dell’ottavo mese. La tradizione orientale, che fa risalire la nascita di Giovanni Battista il 24 giugno, pone la data del servizio al tempio di Zaccaria nel secondo turno.
Le chiese orientali e occidentali concordano nel collocare la data dell’annuncio dell’angelo a Maria (quel “sei mesi dopo”) al 25 marzo.

La celebrazione del 25 dicembre che affonda le sue radici nella Sacra Scrittura trova anche nelle scoperte archeologiche ulteriore conferma.
Ugualmente il tema di Cristo come vera Luce è già presente nelle pagine evangeliche: “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,6-9).
È nei Vangeli l’annuncio che Gesù è la vera Luce che illumina ogni uomo.

Il presepe

San Francesco d’Assisi, nel 1223, di ritorno dalla Terra Santa, si recò all’eremo di Greccio (Toscana) ed in quel luogo, che gli appariva molto simile a Betlemme, volle riproporre la scena della Natività.
I frati con le fiaccole illuminavano il paesaggio notturno, in una grotta venne inserita la mangiatoia riempita di paglia con accanto il bue e l’asinello.
San Luca riferisce che Maria, dopo aver dato alla luce Gesù, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, poiché per loro non c’era posto nell’albergo (Lc 2,7).

La parola “presepe” o “presepio” deriva dal latino ed indica la stalla o la mangiatoia in essa situata.
Nel protovangelo di Giacomo (vangelo apocrifo), nella grotta in cui avvenne la nascita del Salvatore, viene menzionata la presenza del bue e dell’asinello.
“Il presepe – scrive papa Francesco -, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui” (Papa Francesco, LETTERA APOSTOLICA, Admirabile signum, sul significato e il valore del presepe).
Lungo il corso dei secoli diversi Padri della Chiesa o scrittori cristiani hanno colto un ultimo legame tra alcuni elementi relativi alla nascita di Gesù e l’Eucaristia. «Adagiato in una mangiatoia, divenne nostro cibo», scrive sant’Agostino (Serm. 189,4)
Nella mangiatoia viene posto il cibo per sfamare gli animali e già in questo è preso il legame con Gesù che si fa cibo per la salvezza dell’umanità.
Un ulteriore legame con l’Eucaristia è nel luogo in cui avviene la nascita del Salvatore: “E tu Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti” (Mi 5,8).
Betlemme, in ebraico Beit Lehem, significa “casa del pane” ed anche in questo si può cogliere il legame con Gesù Eucaristia.

La gioia

Nel Natale si realizza il “misterioso scambio”: “Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventi dio”.
L’assunzione della natura umana da parte del Verbo dà inizio alla redenzione dei cristiani. San Leone Magno affermava che “il natale del Capo è anche il natale del Corpo”, ossia che il natale di Cristo è anche il natale dei cristiani.
In questo risiede il senso profondo dello scambio degli auguri nel giorno di Natale.
In questo dimora il motivo della gioia (“vi annuncio una grande gioia”): la felicità non è un miraggio ma si è fatta vicina, si è fatta bambino.
Questa felicità coinvolge tutti, ma proprio tutti ed è annunciata ai pastori, agli ultimi, agli anonimi, ai dimenticati. Dio comincia da loro.

È questa la grande gioia!
Auguri di un santo e sereno Natale a tutti!

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