Alla scoperta dei termini cilentani: il “trappìto” e la sua storia

Maria Fraiese

Il termine cilentano “trappìto”, utilizzato soprattutto in questo periodo dell’anno, significa “frantoio”.
L’etimologia del termine dialettale deriva dal verbo greco “τραπέω” (trapeo) che vuol dire “pigiare uva”, e dal termine latino “trapētus o trapētum” con il significato di torchio o appunto frantoio.

L’olio era considerato dalle grandi civiltà dell’area mediterranea un “oro verde”. Infatti, sin dall’Antica Grecia l’olio non era solo consumato come cibo ma veniva utilizzato anche come unguento, medicamento, cosmetico e protezione per gli atleti.

Il più antico campione di olio d’oliva risale a circa 2000 anni fa, deposto dapprima sotto le ceneri dell’eruzione del Vesuvio del 79 d. C e poi dal 1820 rimasto all’interno del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Dopo circa due anni di ricerche, recentemente è stata confermata la natura del liquido solidificato all’interno della bottiglia di vetro, sulla quale pose l’attenzione il paleontologo, divulgatore scientifico e scrittore Alberto Angela nel luglio del 2018.

Già gli antichi Romani per mezzo del trapētum, un grande mortaio, effettuavano la frangitura delle olive.

I primi frantoi erano sotterranei in modo da ottimizzare la conservazione dell’olio stesso. A partire del XIX secolo i trappeti vengono gradualmente sostituiti da frantoi semi-ipogei e successivamente elevati.

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