I sensi del Cilento: Prignano Cilento

Roberto Scola

Prosegue il mio viaggio attraverso i cinque sensi. In questo mese sono a Prignano, paese che con la sua altezza sembra governare il corso del fiume Alento che trova poi nella Diga uno sbarramento artificiale. Comincio da qui: un po’ perché sono appassionato del paesaggio lacustre ,un po’ perché  il territorio di Prignano  è uno dei più vasti del Cilento  che ospita  : “l’Oasi Fiume Alento”. Agli occhi del visitatore si apre  un paesaggio da cartolina illustrata. Il cielo capovolto; l’azzurro dell’acqua si sposa al verde  dei sentieri che circondano la diga :aceri, olmi, tigli, frassini e castagni. In questo incontaminato habitat, vivono ancora specie di animali minacciate di estinzione; come la lontra, l’ occhione, la ghiandaia marina, la tartaruga palustre. E’ uno straordinario richiamo, l’ acqua!

Sul lago volano indisturbati aironi cinerini e coturnici, merli acquaioli e piccoli trampolieri che planano per dissetarsi lungo l’ argine .La passeggiata tra i sentieri ricchi di vegetazione  mi regala: frutti, colori e profumi insieme a spettacoli di grande bellezza. Il vento che soffia tra gli alberi rendono questa giornata di novembre poetica nella sua massima espressione.

Mi ritornano in mente i versi di Pascoli,  della poesia Novembre: “…. Silenzio, intorno: solo, alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti, di foglie un cader fragile. È l’estate, fredda, dei morti.” Passo dopo passo, arrivo al sentiero che cercavo. E’  in leggera salita, un corridoio nella macchia mediterranea .Percorrendo il tratto, attraverso posti con bellissimi edifici rurali che testimoniano la vocazione agricola del Comune di Prignano. Qui, la Signora Antonietta, mi aspetta con i prelibati fichi bianchi del Cilento diventati ,da qualche anno, prodotto DOP. Mi dice subito: “Lo sai che il fico bianco del Cilento su 150 varietà che esistono in Italia, è il più dolce e buono di tutti”.- Non lo sapevo-. In effetti è una vera prelibatezza. Mi informo subito con il mio telefono  e scopro che : “Furono i coloni greci che fondarono Paestum e Velia a portare il fico in questa terra, nel VI secolo a.C , e i cilentani hanno mantenuto la tradizione di -steccarli- (infilzarli in bastoncini di legno) e lasciarli essiccare per poi crearne , con un ripieno di mandorle ,noci, nocciole e buccia di agrumi, un gustoso dessert”. Dopo i saluti, ed un buon caffè ,continua la mia esplorazione a Prignano. La Chiesa , dedicata a San Nicola di Bari, è stata edificata prima del  XIII secolo.

L’ interno , diviso in tre navate , è notevole per la sua ampiezza e per i suoi cinque altari di  marmo bianco di Carrara. Dall’alto della torre campanaria,  si gode un panorama incantevole che si apre all’infinito. Adiacente alla Chiesa, il Palazzo Marchesale Cardone è costituito da quattro ali intorno ad un cortile centrale. La facciata è caratterizzata da una robusta torre cilindrica merlata, elemento di sicura originalità, in quanto non rinvenibile in altri palazzi coevi che costellano il territorio del Cilento. Mi fermo a parlare con Giuseppe di Prignano ,nella suggestiva Piazza del Plebiscito, adiacente alla Chiesa e al Palazzo .Mi racconta della tradizione antica che gli abitanti del luogo hanno nel voler realizzare ogni anno l’ “Opera dei Turchi”, che si svolge  il lunedì dell’Angelo.  Si tratta di una rappresentazione teatrale in costume, che rievoca due miracoli attribuiti a San Nicola. Si recita a soggetto, perché non esiste un testo scritto. Tutti gli abitanti di Prignano, ne conoscono le battute, che si tramandano oralmente di generazione in generazione. Giuseppe mi porta nei vicoli del borgo vecchio ,tra i muretti a secco e i sanpietrini, respiriamo la storia del posto dipinta dal pittore locale Michele Del Verme singolare figura di artista cilentano. Giuseppe mi dice: “ Michele Del Verme ,morto circa venti anni fa, apparteneva a quella schiera di artisti che non esprimono soltanto il mondo che hanno dentro, ma che traggono  ispirazione dalla realtà che li circonda, dalla società e dalla civiltà di cui sono testimoni e partecipi. 

Il mondo che rappresentava nei quadri e nei libri era quello del Cilento rurale, o meglio di quella terra antica legata ai cicli delle stagioni, che andava incontro ai grandi eventi storici e ai mutamenti  del Novecento.” Giuseppe mi racconta l’avvincente storia del Maestro Del Verme che da autodidatta ottenne grazie alle sue opere tanti  riconoscimenti ; tra questi, da ricordare è soprattutto la “Segnalazione bianca” per l’opera Balcone aperto al chiaro di luna al Premio Prora di Verona (1971), la cui giuria era composta da grandi nomi della cultura italiana, come :Luciano Bianciardi, Pierluigi Nervi, Enzo Biagi, Dino Buzzati, Eugenio Montale, Mario Soldati e Indro Montanelli.  Mentre parliamo siamo arrivati nella parte  “nuova” di Prignano. Le Scuole intitolate al Maestro Del Verme, il Palazzo Comunale e poi una Piazza ampia per manifestazioni e feste. In un tempo come il nostro di sfrenata globalizzazione, in cui tutti tendono superficialmente a dimenticare le proprie origini, ci sarebbe ancora bisogno di persone come Michele Del Verme, che da autodidatta è riuscito a far conoscere le sue opere, il suo paese, il suo amato Cilento.

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