Il 29 giugno 1630, festa dei Santi Patroni Pietro e Paolo, i “Turchi” assaltarono Agropoli

Ernesto Apicella

“Allarme, allarme, i Turchi so sbarcate a la Marina”…fu il tragico grido che rimbombava tra i vicoletti dell’antico borgo, quella notte del 29 giugno 1630. Suonò la campana d’allarme e gran parte dei cittadini si rifugiarono nel castello per la difesa. Sette galere e due brigantini Turchi, provenienti da Biserta e da Algeri, approdarono sulla spiaggia tra la torre di Paestum e quella di San Marco. Di 700 turchi presenti sulle galee, ben 400 si portano silenziosi alla volta di Agropoli.

Il nucleo maggiore riuscì ad entrare nel borgo, raggiungendo con una scala una finestra aperta nelle mura “per sua comodità da tal Diego Pandullo”. Non mancarono gli episodi di valore: morirono combattendo Francesco Antonio Casalicchio, Donato Mignone e Antonio Di Sergio, mentre furono gravemente feriti il castellano Olimpio Mignone, che morirà tre giorni dopo, e Lucio Patella che rimarrà sfregiato. Un manipolo di turchi assaltò il Castello, dove ci fù una strenua difesa delle donne; un secondo gruppo saccheggiò più di 20 abitazioni e incendiò l’archivio comunale; un terzo assaltò il convento di San Francesco, da dove i frati fuggirono. Il Priore, catturato da un robusto turco, fu salvato da Giuseppe Del Mercato, che a colpi di pistola uccise tre predoni.

Alla fiera di Mercato Cilento, che si svolgeva ogni sabato, giunse notizia dell’assalto barbaresco in corso ad Agropoli, per cui gli esponenti delle famiglie Nobili presenti, uniti in due piccoli eserciti, superarono il Testene e presero possesso della località “Piano della Madonna” e si avviarono verso il borgo di Agropoli, per lo scontro finale. I musulmani vistosi attaccati, abbandonarono di corsa il borgo e fuggirono alle navi inseguiti dai cilentani, già incitati sul Piano della Madonna da “Giulio Ruggio della Signora”. Le marmaglie barbaresche riportano circa trecento morti e vari feriti. Mentre tra gli agropolesi ci furono 7 morti e 20 feriti.

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