Cilento in festa per San Vito: la tradizione dei taralli

Katiuscia Stio

FELITTO. Oggi, Felitto festeggia San Vito tra storia, culto e tradizione.
La popolazione, da giorni, ha già avviato la produzione dei taralli, pane-simbolo della tradizione.

È d’uso, il giorno della vigilia di Sant’Antonio, tre giorni prima della festa di San Vito, che la statua raffigurante il busto del Santo, custodito nella Chiesa dell’Assunta, sia portata presso la Cappella che si trova nei pressi del torrente Pietra, che divide il territorio di Felitto da quello di Bellosguardo, dove è custodita un’altra statua del Santo, a figura intera. Una distanza di circa 8 km che viene percorsa a piedi, in processione e alzandosi di buon ora.

La mattina della festa i fedeli si recano presso la Cappella di San Vito, per riportarlo in processione nuovamente alla Chiesa dell’Assunta. È un percorso che richiede una buona dose di impegno, sia per la distanza che per il caldo che preannuncia l’estate. È tradizione che lungo il percorso, tra la Cappella ed il paese, ai portatori vengano offerti i “taralli”, detti appunto i taralli di San Vito, e vino. Per mantenere libere le mani, si usava infilare i taralli nel tralci di ginestra e, formatane una corona che si ingrandiva man man che ci si avvicina al paese, li si legava alla cintola. Portare più taralli significava anche maggior onore, oltre che alla strada percorsa e più fatica.

La ragione di questo gesto simbolico va probabilmente ricercato in una leggenda che ancora viene ricordata (con varianti a seconda del luogo e delle persone) che vuole San Vito difensore del cibo e del grano.

La leggenda racconta che un giorno Dio Padre, particolarmente adirato verso gli uomini, aveva preso a distruggere le messi: si fermò solamente perché San Vito lo pregò, con un benevolo inganno, più o meno in questi termini: “castiga gli uomini se lo ritieni giusto, ma lasciane almeno un poco per i miei cani”. La mano e l’ira del Signore si fermarono, ed il grano, seppur rimaneggiato, fu salvo, e salvo fu non solo il cibo per i cani, ma anche quello degli uomini. Il grano, però, per lo sfogo di Dio, perse il suo primitivo aspetto: i chicchi, che prima erano diffusi lungo tutto il fusto, a partire da terra, ora sarebbero rimasti in una racchiusi solo in una piccola spiga.

I taralli offerti, quindi, vogliono ricordare e ringraziare il santo per l’amorevole intercessione, e simboleggiano il cibo salvato dalla distruzione.

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