Agropoli, una storia d’amore di 2300 anni fa circa…

Ernesto Apicella

Il 19 aprile del 1967, in c.da Vecchia di Agropoli, un contadino stava arando il suo campo quando, improvvisamente, dovette bloccare l’aratro, perché aveva urtato delle pietre. Iniziò a scavare per rimuoverle, ma il terreno cedette sotto i suoi piedi, facendolo sprofondare in un anfratto. Fortunatamente era illeso e, ripresosi dallo spavento, guardandosi intorno, in quel poco di luce che trapelava tra la polvere, con grande stupore notò di essere caduto in una sorta di camera, ricca di vasellame e con le pareti dipinte. In realtà si trattava di una bellissima ed importante tomba lucana bisoma a camera dipinta del IV secolo a.C., contenente le sepolture di un uomo e di una donna. Successivamente, lo scavo del sito fu effettuato da un gruppo di operai di Paestum, sotto la direzione del Soprintendente Mario Napoli e dell’assistente Andrea Guida, il quale disegnò e fotografò gli interventi.

A partire dal 360-50 a.C. i Lucani, dopo aver conquistato la greca Poseidonia, iniziarono un’occupazione stabile del territorio extra urbano, costruendo numerose fattorie rurali che, oltre alla tradizionale cerealicoltura, svilupparono le colture arboree della vite e dell’ulivo. In esse viveva l’intero nucleo familiare e ad ogni fattoria era associata una piccola necropoli. Alcune di queste fattorie rurali erano localizzate nel territorio agropolese. La tomba lucana ritrovata ad Agropoli, è del tipo a camera con doppio spiovente, in travertino locale. Al momento del ritrovamento, era suddivisa in due parti da un tramezzo, purtroppo scomparso. Le pitture funerarie furono eseguite secondo una tecnica che prevedeva la messa in opera dei blocchi delle pareti, poi la stuccatura e l’intonacatura, infine la decorazione. E’ probabile che, in base alla qualità dei dipinti della tomba e all’importanza dei corredi funebri in essa contenuta, il proprietario della fattoria di Agropoli, fosse un eminente esponente aristocratico dell’oligarchia lucana che reggeva Poseidonia-Paistom. Attualmente la tomba, ricostruita parzialmente, è esposta, insieme ai due corredi funebri, nel Museo Archeologico di Paestum.

La tomba testimonia la vita e la morte di quella che doveva essere una coppia di sposi lucani. Infatti, al momento del ritrovamento, sulla parete di fondo era addossato il letto funebre con la sepoltura dell’uomo, mentre sulla parete divisoria era appoggiato il letto funebre con la sepoltura della donna, morta presumibilmente dopo.

E’ visibile, anche se in parte danneggiato, un dipinto sulla parete di fondo, che rappresenta il ritorno dalla guerra del marito (guerriero-condottiero lucano) a cavallo, armato di tre lance e uno scudo, protetto da elmo da parata e con tipica corazza lucana a tre dischi, con alle spalle un prigioniero con le mani legate. A casa lo accoglie la moglie, che gli porge uno skyphos (coppa per bere), accompagnata da un ancella.

I ricchi corredi funebri presenti nella tomba mettono in evidenza, accanto al ruolo “guerriero” dell’uomo, quello della donna che era la signora dell’òikos (casa). Infatti il corredo dell’uomo è costituito dai vasi del banchetto e del vino (Cratere, Skyphos, Kylix, Lama, Coppette a vernice nera, piatti di pesce, etc.). Quello della donna, dai simboli della funzione materna e domestica che ricopriva nella società lucana: una Hydria, firmata da Assteas, con il mito di Bellerofonte e Stenebea; un Lebes Gamikos con Dionisio e Afrodite; un Lekane con il giudizio di Paride; monete di bronzo; frutti miniaturistici di terracotta (Uva, Fichi, Melograno).

Il ritrovamento della tomba lucana di Agropoli, ci ha svelato l’amore di una coppia di sposi lucani di 2300 anni fa circa, uniti ed innamorati in vita, che avevano scelto, nell’eternità della morte, di giacere per sempre insieme.

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