Chiusura punti nascite: il racconto di una mamma

Antonio Citera
Punto nascita

Chiudere i punti nascita di Sapri e di Polla seguendo gli schemi della razionalizzazione delle spese e delle risorse nonché, della teoria non provata della sicurezza delle strutture, tralasciando del tutto il disagio provocato e i pericoli che tali decisioni comportano alle mamme costrette a fare tanti chilometri per mettere al mondo la propria creatura, sembra l’ennesima presa in giro.

Una scelta scellerata che spegne per sempre le già affievolite speranze di un futuro, sempre più buio, per il Vallo di Diano e il Cilento.

Eppure, le testimonianze di chi ha partorito in questi ospedali ci raccontano di ambienti sani, sicuri e soprattutto umani.

“Il mio bimbo – ci racconta una mamma – è nato una settimana prima del previsto, nel 2016. Tutto nuovo per me, ricovero d’urgenza e subito visite per sondare le condizioni generali mie e del mio bambino. Sono arrivata in ospedale distrutta: nelle ore prima del ricovero ero stata male di pancia e di stomaco, ero disturbata dalle contrazioni, che seppur dolorose, erano ancora irregolari. Il travaglio è stato lunghissimo, mi mancavano le forze ero concentrata sulle spinte e sulla respirazione, come mi hanno insegnato al corso preparto e come mi guidava prima l’ostetrica di turno e poi quella in sala parto con il ginecologo, i quali, appena si sono accorti che il cuoricino del mio piccolino iniziava ad andare in sofferenza, sono intervenuti senza la minima esitazione. Ero sfinita, ho perso tanto sangue ma, nonostante tutto, il mio bimbo e io abbiamo superato brillantemente la dura prova grazie alla bravura del personale medico e alla sicurezza dei luoghi. È stato il primo figlio, la prossima primavera arriverà anche una sorellina e vorrei dare anche a lei la possibilità di nascere in un posto così speciale, dove non si è numeri, ma esseri umani, ma purtroppo non si può”!

Un racconto, come tanti altri, che testimonia che a Sapri e a Polla si può partorire, in barba alla regola che i punti nascita con meno di 500 parti all’anno debbano chiudere.

Una vera e propria presa in giro, l’ennesima a cui potrebbe porre rimedio la Regione chiedendo (e lo ha fatto) una deroga in caso di particolari condizioni geografiche ma deve in ogni caso garantire certi standard di sicurezza.

Ora si attende l’esito e il volere di qualcuno che guarda il territorio con Google maps e non sa o non vuole sapere che la vita è uguale per tutti.

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