Yele, la rabbia dei lavoratori licenziati: polemiche contro sindacati e politici

Carmela Santi

VALLO DELLA LUCANIA. È ufficiale. Chiuso il licenziamento collettivo per i 39 dipendenti della Yele. È tutto scritto nero su bianco sul verbale stilato ieri mattina in Regione Campania al termine dell’incontro tra il liquidatore giudiziale Massimo Di Pietro e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali. “Al termine di un ampio confronto – si legge – si prende atto della insussistenza di ogni elemento o scelta condivisa che possa consentire il raggiungimento di un’intesa”.

Tutti a casa dunque i dipendenti  della società che negli ultimi venti anni si è occupata della raccolta e smaltimento rifiuti nei 49 comuni cilentani. Nel documento si parla di 61 dipendenti licenziati, numero poi sceso a 39 per effetto di avvenuti passaggi di cantiere di 22 lavoratori. Per gli altri nulla da fare. Tutti a casa. Al danno anche la beffa perché gli operai licenziati avanzano quattordici stipendi e naturalmente sperano di recuperare il trattamento di fine rapporto.

La rabbia dei dipendenti monta a dismisura. Dopo anni di angoscia, oltre la perdita del lavoro, si teme che l’attivo patrimoniale della società non sia sufficiente a garantire il credito da lavoro dipendente. E allora, si torna a sperare nella giustizia. Il 27 settembre presso il tribunale di Vallo della Lucania c’è stata l’udienza prefallimentare della società. I lavoratori sono in attesa di recuperare i loro soldi. Intanto si definiscono vittime di un assurdo sistema, tra l’indifferenza dei politici, i tempi della giustizia e la  lentezza tendenziosa dei sindacalisti alleati della “politichetta”.

“Qualche sindaco – ribadisce Maria Maiuri, tra i dipendenti licenziati – come se rientrasse oggi da Marte, negli ultimi giorni ci ha chiesto copia dello statuto della società, qualcun altro pensa ancora che al Consorzio, dopo otto anni di gestione commissariale, ci sia il presidente. C’è perfino chi  sostiene che i dipendenti non hanno preso iniziative! Manca uno sceneggiatore e nascerebbe un’opera tragicomica”.

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