Agropoli, la rivolta dei social: ospedale chiuso? Non votiamo

Sergio Pinto

In 500 pronti a non recarsi alle urne

Il dissenso politico viaggia anche sui social, pure ad Agropoli: da pochi giorni è apparso un gruppo su facebook dal nome inequivocabile: “No ospedale, no voto”. Il riferimento è chiaro per tutti i residenti ad Agropoli; si fa riferimento allo smantellamento del nosocomio della cittadina cilentana e alle successive promesse, mai diventate realtà, di renderlo di nuovo pienamente operativo. E le intenzioni dei partecipanti al gruppo social sono nitide: non partecipare al voto delle politiche di domenica 4 marzo.

La storia dell’ospedale civile di Agropoli è travagliata, la chiusura della struttura sanitaria rappresenta una ferita aperta che difficilmente potrà essere dimenticata. Tutto ha inizio nell’agosto del 1982 con la posa della prima pietra ma soltanto nel 2004 arriva il taglio del nastro dell’allora governatore della Campania Antonio Bassolino. Sembrava a molti un vero e proprio spot elettorale, di lì a poco si sarebbe rinnovato il consiglio regionale. Passano quattro anni e lo stesso Bassolino decreta l’uscita dell’ospedale dalla rete dell’emergenza, sarà il nuovo presidente della Regione Stefano Caldoro a firmare nel 2010 il temuto decreto 49 che sancirà nel 2013 la chiusura dei battenti e del successivo smantellamento della struttura. Tante le battaglie in questi anni per la riapertura del nosocomio, lotte che hanno portato ad avere un pronto soccorso attivo, laboratori di analisi e radiologia a mezzo servizio: dalle ore 8 alle ore 20.

Tutto questo però, agli internauti dei social non basta. A gennaio chiedono ed ottengono un incontro tra gli amministratori dei gruppi più rappresentativi di facebook, i politici locali e il dg dell’Asl, Giordano. Il direttore generale ha assicurato per giugno l’apertura totale di alcuni servizi così come è previsto l’avviamento di almeno due sale operatorie. Ad oggi, dei lavori promessi nemmeno l’ombra e nei locali che dovrebbero ospitare le due sale operatorie ci sono anche segni vistosi di infiltrazioni.

E così entra in campo il gruppo social “No ospedale, no voto”, parafrasando una vecchia pubblicità in voga in tv. L’intento dei 534 partecipanti e del suo amministratore è chiaro: creare opinione sul problema dell’ospedale, lasciando, se è il caso, la scheda elettorale nel cassetto. L’obiettivo è non andare a votare se la struttura sanitaria non ritornerà ad essere operativa come un tempo, includendo i reparti di urgenza come Utic o traumatologia. Il dissenso, o comunque il partito del non voto, crea particolare scompiglio tra i sostenitori delle forze in campo in una cittadina che ha fatto del consenso politico, soprattutto plebiscitario, il suo vessillo.

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