Un ritratto per omaggiare Dorina

Katiuscia Stio

E’ stata l’ultima abitante di Roscigno Vecchia

Un ritratto per omaggiare Teodora Lorenzo, detta “Dorina”, ultima abitante di Roscigno Vecchia.

L’opera, realizzata dalla pittrice Gabriella Di Natale, è stata donata dalla stessa artista al Comune di Roscigno che ha deciso di accettarla. Un modo per omaggiare una figura da tutti conosciuta, simbolo del Comune alburnino, che ha colpito anche l’artista che l’ha voluta immortalare attraverso un ritratto.

Gabriella Di Natale, originaria della Sicilia, dal 1993 si occupa di pittura e restauro. E’ stata protagonista anche di diverse mostre ed esposizioni di rilievo. L’incontro con Dorina le ha permesso di realizzare un’opera che il Comune di Roscigno potrà presto esporre.

Ma chi era Teodora Lorenzo?

Esile, piccolina, curva, dal viso rugoso e dai tratti gentili, accogliente, curiosa, caparbia, “diva”. È questa l’immagine che si conserva di “Durina”, ultima abitante di Roscigno Vecchia. Simbolo della memoria storica e delle tradizioni passate, custode di una paese fantasma. Quel paese che Onorato Volzone, giornalista de Il Mattino nel marzo del 1982 definì “La Pompei del ‘900”, da molti conosciuto come il paese che cammina. Durina, all’anagrafe Teodora Lorenzo, nacque a Roscigno Vecchia nel 1915, secondogenita di sei figli. Studiò dalle monache di Vallo della Lucania, divenne suora, ma il suo temperamento ribelle le fece lasciare l’ abito monacale e ritornare al “Vicolo Storto” del suo paese. Da allora mai, mai più si allontanò. Agli inizi del Novecento, due leggi speciali obbligarono i roscignoli ad abbandonare le loro case. Avrebbero dovuto trasferirsi un chilometro più a monte. Non era la prima volta che il paese cercava di sfuggire alla frana camminando. Si era spostato almeno due volte, forse tre, nella sua storia e tutti avevano dovuto obbedire, tutti, tranne Durina. Era rimasta sola al vecchio borgo, ma non aveva paura. Senza luce, acqua, gas, senza alcuna “modernità” in casa, la custode del borgo antico viveva conservando uno stile di vita rurale, tradizionale, fatto di essenziali gesti e piccole cose. Sola ma non in solitudine, piccola ma mai fragile, tradizionale ma mai diffidente nei confronti del nuovo, accoglieva i turisti che giungevano al paese incantato per visitarlo. Accompagnava i curiosi per i vicoli del paese, narrava curiosità ed aneddoti di compaesani, invitava ad ascoltare il vento che sinuoso penetrava tra i rami degli olmi secolari, le voci del passato che provenivano dai vicoli che un tempo erano abitati, invitava a scoprire la poesia e la magia del tempo che fu. Durina, piccola grande donna. Scrigno prezioso di una memoria storica. Custode di case edificate con sacrifici e stenti. Corpo esile e curvo, viso rugoso, mani segnate dal lavoro nei campi, si sentiva “diva” dinanzi agli scatti di famelici obiettivi, lei, simbolo di un paese abbandonato, tra i ricordi dei molti. Muore il 12 ottobre del 2000. Durina, polvere di un ricordo che, indelebile, racchiude la storia del borgo antico.

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