Alterazione di orari nella cartella clinica, condannata ginecologa del “San Luca”

Redazione Infocilento

Assolto il primario Salvatore Ronsini

Ospedale San Luca, falso materiale in atto pubblico. Condannata a due anni la ginecologa Costanza Scevola. Assolto, perché il fatto non sussiste, il primario Salvatore Ronsini. La sentenza è stata emessa da tribunale di Vallo della Lucania con il collegio giudicante presieduto dal presidente del palazzo di giustizia Gaetano De Luca. I fatti risalgono a qualche anno fa quando la Scevola, era in servizio quale dirigente medico nel reparto di ginecologia diretto da Ronsini (ora lavora all’immacolata di Sapri) denunciò il primario per alterazioni di orari nella cartella clinica di una paziente ricoverata al San Luca.

Dopo un lungo dibattimento che ha visto gli ex colleghi uno contro l’altro nelle aule del tribunale di Vallo, nei giorni scorsi è arrivata la sentenza .
La Scevola è stata condannata a due anni di reclusione per le ipotesi della modificazione di orari in cartella per il delitto di falso materiale in atto pubblico. È stata condannata inoltre al pagamento delle spese processuali.

L’ennesimo colpo di scena in una tormentata vicenda giudiziaria che vede da anni protagonisti i due ex colleghi di lavoro. Ronsini, Direttore dell’unità di Ostetricia e Ginecologia del San Luca di Vallo della Lucania, di recente è stato nominato responsabile del Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino dell’Asl di Salerno. Si sta difendendo anche dall’accusa di mobbing mossa sempre dalla dottoressa Scevola.

I fatti risalgono al periodo 2008-2010 e la denuncia è partita dalla dottoressa, all’epoca medico dirigente al San Luca. Secondo le accuse la ginecologa fu oggetto di atti persecutori da parte del primario Ronsini ed altri suoi colleghi perché il marito, Giovanni Marsicano, detto Nanni all’epoca assessore del comune di Pisciotta, si sarebbe opposto ad un progetto immobiliare che riguardava Ronsini e la sua convivente, caposala all’ospedale vallese nel reparto di ginecologia. Il “no” secondo l’accusa, avrebbe dato vita a ritorsioni. I giudici del lavoro hanno accolto parzialmente le istanze della dottoressa, disponendo un risarcimento danni poi dimezzato in Appello.

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