Grand Tour sfrattato, quattro consiglieri e un giornalista rinviati a giudizio

Redazione Infocilento

Sotto accusa frasi pronunciate in consiglio comunale

CAPACCIO PAESTUM. Continua la polemica per lo sfratto del museo del Grand Tour della Fondazione Vico dal convento dei Frati Minori di Capaccio capuoluogo. Questa volta la vicenda porta con sé conseguenze legali.

Il gup di Salerno Ubaldo Perrotta, infatti, ha rinviato a giudizio per diffamazione i consiglieri di maggioranza del consiglio comunale di Capaccio Paestum, Luciano Farro ed Eustachio Voza; il presidente del consiglio comunale Domenico Nese; e il giornalista Alfonso Stile. Quest’ultimo, in realtà, è stato coinvolto solo indirettamente nella vicenda, avendo riportato quanto accaduto in consiglio comunale.

Eppure secondo il pm Vittorio Santoro, i quattro avrebbero «offeso» i frati del Convento di Sant’Antonio in più occasioni. In particolare Farro, durante la seduta di consiglio del 30 luglio del 2015 mentre si discuteva l’approvazione del progetto preliminare del Museo Paestum nei percorsi del Grand Tour avrebbe dichiarato che «o per carenza di gente che ormai si da alla vita clericale o per altre motivazioni il convento da qualche anno ha subito qualche regressione» aggiungendo poi «polemicamente», scrive Santoro nella richiesta di rinvio a giudizio, «il convento è stato adibito nella parte superiore ad albergo. In pratica sta succedendo che noi come istituzione comunale che dovremmo essere laici, il profano, stiamo andando verso il sacro e sembra quasi che l’istituzione che dovrebbe essere il sacro, cioè i frati francescani, ha invertito il ruolo e si sta dedicando ad attività economiche». Quindi, rispondendo ad un altro consigliere: «io sto difendendo la cultura, tu difendi i mercanti non i monaci, fuori i mercanti del tempio». Lo stesso concetto di «mercanti del tempio» fu poi espresso anche da Voza mentre il presidente Nese avrebbe detto che «ad un certo punto il consiglio di amministrazione del Gianbattista Vico e i frati francescani non si sono trovati forse perché i frati cercavano qualcosa di soldi…».

Parti civili Provincia religiosa e frà Pasquale Del Pezzo, difesi dall’avvocato Antonio Picarella.

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