Sui canali Rai il docufilm su Paolo Borsellino girato nel Cilento

Carmen Lucia

In onda su Rai Storia oggi e domani il lavoro di Ruggero Cappuccio

Il Cilento sarà protagonista su Rai Storia con Essendo Stato, un documentario in cui Ruggero Cappuccio ripercorre gli ultimi momenti della vita di Paolo Borsellino, ucciso nella strage di Via d’Amelio. Nel docufilm saranno presenti documenti inediti custoditi nelle Teche Rai con le deposizioni che Paolo Borsellino e Giovanni Falcone fecero davanti al Csm.
Il docufilm sviluppa un monologo scritto e interpretato da Ruggero Cappuccio nel 2004 e recitato anche da tanti magistrati nei tribunali di diverse città italiane. È il resoconto degli ultimi istanti della vita del magistrato, un’esperienza totale di amore e morte per la sua Sicilia, per la malinconia e l’amarezza del suo paesaggio e della sua umanità “irredimibile”, aggettivo che Cappuccio mutua da Raffaele La Capria e da una delle sue fonti privilegiate, Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo, nel finale di uno dei capitoli più significativi, il quarto). In un’oscillazione sospesa tra la prossimità cronachistica e la lontananza epica, in bilico tra il determinato e l’indeterminato, tra i riferimenti alle figure reali degli agenti della scorta, dei colleghi, dei faccendieri del tribunale e gli elementi mitici e allegorici del mare di Mondello, dell’elegia della famiglia, del ricordo della moglie, il monologo procede per frammenti che scandiscono gli ultimi secondi della vita di Paolo Borsellino, entrando attraverso il flusso di coscienza, ricostruito con un ritmo franto, ellittico e rapido, nel palcoscenico tragico della strage di Via d’Amelio. Ogni parola del monologo viene esaltata con incisività sintetica dalla voce di Cappuccio che interpreta Paolo Borsellino.

L’affollamento delle percezioni, come il rumore del boato provocato dall’esplosione, viene riportato a un ordine di successione cinematografica rapida, sincopata dove la Sicilia, l’immagine della famiglia, della madre e dei corpi della sua scorta rivivono in singoli fotogrammi come metafore parlanti, immagini di una vita spesa per lo Stato e la giustizia. La Sicilia, presente insieme a Napoli e a Venezia in tante opere di Cappuccio, è una presenza dominante nei romanzi e nel teatro di Cappuccio, se solo si pensa ai tanti riferimenti a Tomasi di Lampedusa e alle riscritture di tre classici, Edipo a Colono (1997) di Sofocle, Tieste (1998) di Seneca e le Bacchidi (1998) di Plauto.
L’omaggio al giudice palermitano Paolo Borsellino, nell’anniversario della sua scomparsa, si sostanzia oggi però di evocazioni ulteriori e di rimandi plurimi. Perché Ruggero Cappuccio torna nel Cilento, nella terra d’origine dei suoi avi, per dare corpo a una riscrittura che, nata da un monologo teatrale, viene così transcodificata con i registri e i codici semiotici del linguaggio cinematografico, per contaminarsi infine con i “segni” del nostro territorio, segni impressi non solo nel ricordo della sua adolescenza trascorsa a San Mango, ma anche nel suo immaginario poetico. Basti pensare che nella sua ultima commedia teatrale, Spaccanapoli times, commedia dal sapore grottesco che insiste sulle fragilità dell’animo umano, c’è nel primo atto un riferimento all’acqua pura del Cilento.
Altre opere come Il Sorriso di San Giovanni, vari cortometraggi diffusi anche in rete sono stati girati da Cappuccio e dalla regista Nadia Baldi proprio nel Cilento.
Nella scorsa estate molte scene del film Veleni scritto e diretto da Cappuccio e Nadia Baldi hanno avuto come set privilegiato il Cilento, dalla spiaggia di Agnone alle stanze del palazzo avito di Cappuccio a Serramezzana.
L’immagine di molti luoghi è spesso debitrice della rappresentazione che ne danno le opere letterarie o cibematografiche, perché capaci di creare “topoi” sia fisici, sia umani che sociali, tali da assumere non solo un valore culturale, ma anche un valore economico.
L’immagine del Cilento che si ricostruisce nel complesso mosaico dell’opera di Cappuccio è un’immagine di grande valore culturale, e, insieme, di grandissima potenzialità economica. Perché non legata ai luoghi comuni, ai “trionfi gastroduodenali”del cibo, né all’immagine vulgata delle spiagge assolate, di frequente uniche immagini in cui si riflette l’identità del nostro territorio. Il Cilento rischia perciò di apparire come “appiattito” su sigle e icone in cui non può riconoscersi una terra che invece è ricca di patrimoni geostorici, che vanno dai greci ai bizantini, dai romani ai monaci basiliani.
Il Cilento è una “piccola patria” come la definisce Ruggero Cappuccio in diverse interviste, ricca di identità storiche millenarie, di radici culturali uniche che operazioni culturali come questa devono poter portare alla luce.

L’appuntamento è su Rai Storia alle 23.20 di oggi e domani alle ore 2

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