Serena Autieri incanta il “De Filippo” di Agropoli portando in scena le anime di Lady D

Barbara Maurano

Applausi e commozione per uno spettacolo che omaggia e analizza il mondo femminile attraverso la figura di Lady D

Ieri sera, al Teatro “Eduardo De Filippo” di Agropoli, una straordinaria Serena Autieri ha messo in scena un dialogo interiore tra le anime di un personaggio a lungo raccontato ma mai esplorato a teatro.

La scrittura poetica di Vincenzo Incenzo ha costruito uno spettacolo simmetrico dove le due anime di Lady Diana hanno combattuto, fino all’ultimo, un’estenuante lotta. “Diana e Lady D” è un musical che mette al centro della scena una donna, venuta al mondo già con il peso di aver sbagliato qualcosa per non essere nata maschio. Fin dall’infanzia la Diana più forte cerca di mettere a tacere quel lato insicuro che prenderà sempre il sopravvento, nel tentativo di colmare una vita costruita sulla mancanza. Innanzitutto di una madre, incapace di rimanere al suo fianco, poi di un padre, interessato soltanto al titolo e al buon nome della famiglia, e infine di un amore che la faccia sentire al sicuro.
In “Diana e Lady D” non c’è la contrapposizione tra l’essere principessa e l’essere madre o donna. Le anime messe in scena non sono quelle della Lady D pubblica e della Diana privata. La vera chiave di lettura dello spettacolo sta proprio nell’affidarsi alla mancanza di ruoli ben definiti per lasciarsi trasportare dal ricercato gioco di luci di A. J. Weissbard, dalla scenografia surreale di Gianni Quaranta, dalla voce di Serena Autieri che, in novanta minuti, rappresenta contemporaneamente il lato cinico e il lato sensibile di una donna come tante. C’è la Lady Diana che vuole la favola ma, nel profondo, ha sempre saputo che ciò non avverrà mai. Ci spera, come tutte, ma quando il tentativo fallisce, pur di non arrendersi al lato cinico, a ciò che ha sempre conosciuto e rifiutato, preferisce essere considerata pazza. L’insicurezza, la voglia di colmare una mancanza sono lì in agguato a ricordarle che, per quelle come lei, ci sarà sempre una Camilla pronta a prendere il suo posto. La disillusione del primo amore la rende finalmente donna; la Diana romantica, madre amorevole, volto umano della famiglia reale cerca la sua vera identità in un’immagine più sensuale. Se l’amore vero e il sentimento sono crollati, non resta che affidarsi al corpo per acquisire la consapevolezza di essere donna, per colmare la mancanza dell’eterno rifiuto del freddo Carlo. A nulla valgono i continui avvertimenti dell’anima cinica di Lady D, che gioisce per aver offuscato Carlo. A prevalere sarà sempre il lato umano di Diana che la spingerà a volare in Angola per la campagna antimine. Nemmeno la Diana umana, quella che fa del bene, sembra essere adatta alla mondo della famiglia reale. Diana è “una mina vagante” che nessuno sa dove collocare. Quando finalmente sembra che abbia trovato un equilibrio e un possibile amore che la renda felice, la morte la immortalerà principessa per sempre perché quella “candela nel vento” continui ad oscillare senza spegnersi.
Un plauso particolare va alle scene: il lavoro di sinergia tra lo scenografo Gianni Quaranta e il light designer A.J. Weissband scandisce il racconto richiamando con efficaci stratagemmi le parti cruciali della vita di Lady D. I flash dei paparazzi, il corpo di Diana avvolto nei giornali, le immagini dei gabbiani che si trasformano in una rete metallica, la sedia elettrica fatta di rami in cui Diana dà alla luce il primo figlio, l’altalena in scena che si incrocia con un’altalena proiettata sullo schermo diventano i protagonisti di uno spettacolo arricchito dalla voce di Serena Autieri che non delude nemmeno nella performance canora sia di brani inediti, scritti da Francesco Arpino, sia nelle canzoni note che hanno contraddistinto la vita della principessa: The sound of silence, simbolo della solitudine di Diana, I feel you per la Diana erotica, Bohemian rhapsody ( adattata n italiano) per la Diana che dà alla luce l’erede al trono, Promise me, Worderful life, Somewhere e infine Candle in the wind. Canzoni accompagnate e vivacizzate dalle coreografie di Bill Goodson che guida i movimenti delle sei ballerine come se Diana fosse realmente accompagnata da uno stuolo di anime che la pervadono e la sovrastano. E così, grazie a uno spettacolo costruito sulla psicologia complessa dell’ universo femminile, usciamo dal teatro con un’immagine più ricca di Lady Diana: l’istantanea di una donna inconsapevolmente forte ma, in fondo, poco adatta a questo mondo.

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