“Bello di papà” al Teatro ” Eduardo De Filippo” di Agropoli: Biagio Izzo tra comicità e crisi di mezza età | VIDEO

Barbara Maurano

La recensione dello spettacolo teatrale e l’intervista all’attore napoletano

Ieri sera al Teatro “Eduardo De Filippo” di Agropoli una platea molto divertita ha applaudito Biagio Izzo, in scena con lo spettacolo  “Bello di papà”, scritto da Vincenzo Salemme.

La commedia è un microcosmo di personaggi comici e nevrotici che, in una situazione irreale, mettono a nudo le proprie anime, mostrandone il lato più debole. Il tema attorno a cui ruota la storia è lo spesso citato “complesso edipico” che il protagonista (Biagio Izzo), sembra vivere al contrario. Antonio Mecca è un dentista affermato con una bella casa e una compagna attraente (Yuliya Mayarchuck) ma, vittima di una visione egoistica della vita, non vuol proprio saperne di mettere su famiglia.  Risulta quasi convincente quando, all’inizio,  descrive i lati negativi di crescere un figlio insieme a una persona che, in fin dei conti, non è altro che una sconosciuta. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo. Entra in scena un personaggio bizzarro, uno psichiatra  (Mario Porfito) che, citando originali teorie psicanalitiche, convince il riluttante Antonio Mecca a prendersi cura dell’ amico quarantacinquenne Emilio (Domenico Aria), reduce da un tentato suicidio. Secondo l’esimio professore Emilio soffre perché, orfano di entrambi i genitori, non ha mai vissuto la vita familiare. Da quando ha tentato il suicidio poi, è regredito mentalmente fino all’età di sette anni. Antonio, perciò, dovrà fargli da padre per un mese finché “il ragazzo” non raggiungerà l’età di diciotto anni e sarà capace di vivere da solo.

La casa, che Antonio Mecca custodisce maniacalmente, diventa così dimora di un mondo surreale composto da cinquantenni in crisi d’identità. Mentre Antonio deve imparare a fare il padre, Emilio sembra fin troppo a suo agio nel ruolo di figlio. A completare il quadro ci penserà la giovane assistente dello psichiatra (Luana Pantaleo) che, sempre a scopo terapeutico, dovrà accompagnare Emilio nel suo percorso, vestendo i panni di compagna di giochi del “malato”.

La reale famiglia di Antonio, però, non è meno bizzarra del mondo che gli ha costruito lo psichiatra. Anche il bassissimo fratello di lui ( Arduino Speranza) e l’altissima e appariscente consorte (Rosa Miranda) sono alle prese con il tentativo di avere un figlio. La coppia crea subito ilarità nello spettatore grazie anche alle battute costruite ad hoc per la situazione. I due, venuti a conoscenza dell’esistenza di un nipote, temono di perdere l’eredità di una mamma( Adele Pandolfi) apparentemente un po’ andata ma custode di segreti che hanno garantito il successo dei migliori matrimoni. Tutti, perciò, per i motivi più disparati, dopo una smarrimento iniziale, sembrano accettare la situazione per il “ bene “ di un figlio che , in realtà, non è il figlio di nessuno.

La commedia mette in scena la crisi di una generazione spesso alle prese con l’accettazione della realtà, dovuta anche a un’apparente incomunicabilità tra l’universo maschile e quello femminile. In particolare il ruolo dell’uomo sembra davvero orfano di una figura di padre che ha risolto il complesso di Edipo, trasferendo l’ingrato compito alla madre. Ma, per fortuna, nella vita come nel teatro, al di là di qualsiasi teoria psicoanalitica, esistono le emozioni e i sentimenti. E così ciò che trionfa, alla fine,è la consapevolezza che, anche un cinico come Antonio Mecca, di fronte al finto scenario di un  tentato suicidio di Emilio senta, per la prima volta, tutto il senso di colpa di non essere stato un buon padre, rivelando al pubblico che dietro ad una atteggiamento cinico ed egoista si cela la perenne paura di non essere all’altezza del compito. Tra una battuta di Biagio Izzo, un cambio d’abito della bella Yuliya Mayarchuck, una teoria psicoanalitica dello bizzaro psichiatra, un simpatico sketch i Arduino Speranza e Rosa Miranda e una simpatica entrata in scena di Adele Pandolfi, la commedia offre uno spaccato di realtà che non è poi così lontano dal palcoscenico.

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