Il Sammaro tra natura e leggenda

Redazione Infocilento

Il Sammaro, una delle meraviglie del Cilento interno.

Uno “spazio vitale” in cui la presenza dell’uomo ci appare l’eccezione e non la regola. Un variegato susseguirsi di macchia mediterranea dalle mille tonalità di verde che assumono iridescenze singolari secondo l’ambiente, le stagioni e la luce. Uno spettacolo d’eccezione e di rara bellezza che solo chi è dotato di un animo sensibile e originale può godere e apprezzare. Si ha qui la sensazione di essere in un luogo senza tempo e senza confini, dove il corpo, l’anima e la mente sono come sospesi tra l’immaginazione e la leggenda, la natura e il mito. Caratterizzato da una flora variegata, da endemismi di pregiato interesse naturalistico e da un ricco patrimonio faunistico, che conta anche alcune specie rare della fauna italiana, come la trota del Sammaro, le sardine di acqua dolce, l’anguilla, il trotto, il barbo, le rane verdi (in via d’estinzione), i gamberi d’acqua dolce, senza contare la lontra da sempre abitatrice indiscussa di questi luoghi, l’area della Sorgente del Sammaro unisce alla notevole diversità e ricchezza biologica il fascino della sua storia millenaria dovuta alla vicinanza dell’antico abitato di Sacco Vecchio. A voler prestare fede ad alcune cronache la parola “Sammaro”, probabilmente di origine greca, indicherebbe “acqua che scorre sulla sabbia”. Un secondo etimo, invece, vuole che “Sammaro” derivi dalla lingua longobarda col significato di “luogo dove si lava”, così come la parola dialettale “nzammarare”, vale a dire “mettere i panni in acqua” potrebbe avere la medesima origine. S tratta, ovviamente, di mere ipotesi ma di certo sappiamo che già nel X secolo il fiume Sammaro compariva in un pubblico documento. Il fiume nasce nel Comune di Sacco, alla fine di una gola rocciosa lunga circa tre chilometri, da una grotta denominata “Forno”. La sorgente, di tipo carsico, è la prima del meridione d’Italia per portata d’acqua (circa 1800 litri al secondo) ed il suo volume è tale da generare un rumore assordante, divenuto oramai familiare ai visitatori abituali e alla gente del territorio. Nel suo primo chilometro l’acqua del Sammaro è del tutto priva di inquinamenti per cui è batteriologicamente pura e quindi potabile. Fino alla confluenza col Ripiti il fiume attraversa il territorio di Sacco, per immettersi poi, sulla destra, nei territori di Roscigno, Bellosguardo, Aquara e, sulla sinistra, in quelli di Laurino e di Felitto. A questo punto, dopo aver ricevuto l’affluenza del fiume Fasanella (tra Bellosguardo ed Aquara) si riversa nel Calore nei pressi di Castel San Lorenzo. Con una portata superiore allo stesso Calore, soprattutto nei periodi estivi, l’acqua della sorgente del Sammaro fa registrare una sostenuta presenza di anidride solforosa, fatto acclarato già qualche secolo addietro, di cui abbiamo menzione nel “Dizionario istorico e geografico del Regno di Napoli” dell’abate Francesco Sacco, datato 1796. Lungo l’intero corso del fiume, nel territorio di tutti i Comuni attraversati, sono presenti numerosi resti di vecchi mulini ad acqua, molti dei quali rimasti in attività fino agli anni ’50 del secolo scorso. A Sacco, inoltre, i resti di una centrale idroelettrica che fino al 1970 riforniva i Comuni di Sacco e Roscigno rende ancora più interessante e suggestivo il luogo, stimolandone la conoscenza. Un luogo che in realtà non necessita di grandi interventi strutturali quanto piuttosto di un lavoro costante di valorizzazione, di manutenzione e, più in generale, di “cura” per il territorio e per le nostre radici. Raccontare, infatti, l’origine e le caratteristiche di questi manufatti significa aprire una finestra sul passato e più precisamente sulla nostra storia e sulla nostra civiltà.

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