L’ambra di Roscigno, pietra del Sole lacrime degli dei

Redazione Infocilento

Alcune di prospetto altre rivolte a destra altre a sinistra, le ambre “tipo Roscigno” presentano una peculiarità lavorativa tale da costituire un unicum non solo nel comprensorio cilentano.


Chissà quante donne hanno gioito nel portarla, quanti mercanti si sono arricchiti nel commerciarla. Parliamo dell’ambra, mitica pietra figlia della “sofferenza” di dee piangenti, divenne vendicativa verso piccoli insetti imprigionandoli al suo passaggio trasformandosi, così, in un dorato sarcofago, custodendo per l’eternità le sue umili vittime. Eschilo (fr. 51) ci narra l’origine dell’ambra, resina fossile essudata da un pino estinto dell’era terziaria ( Pinus succini fera), nel celebre mito di Fetonte prediletto figlio del dio del Sole, mentre Plinio il Vecchio definiva l’ambra Succinum, un termine usato dai Germani di Tacito invece corrispondente al latino Glaesum. Per i Greci dell’epoca arcaica e classica, infine, era l’Electron o Electros (nome conferito per la capacità di elettrizzarsi negativamente per strofinio). L’uso dell’ambra quale amuleto o gemma da indossare è antichissimo. Esiste, infatti, in letteratura una ricca documentazione mitologica legata oltre che alla sua formazione anche ai suoi valori terapeutici e apotropaici, indice di un chiaro legame con il mondo ultraterreno indicandola quale pietra sacra agli dei. I manufatti d’ambra costituiscono un importante fossile guida per ricostruire le vie commerciali che, tramite i grandi bacini fluviali del Nord Europa, consentivano l’esportazione non solo della preziosa resina fossile ma anche di altri prodotti di pregio. La ricostruzione della via dell’ambra è stata possibile grazie alle fonti letterarie ed al rinvenimento di importanti ripostigli lungo le principali direttrici del traffico tra il Baltico, il medio corso del Danubio, la Grecia e l’Italia adriatica. Durante il V secolo a.C. il maggior centro di smistamento delle ambre è Spina alla foce del Po, da dove poi l’ambra grezza raggiungeva Etruria ed Appennino. Mentre nei paesi del Nord Europa l’ambra veniva usata fin dal Mesolitico e dal Neolitico, in Italia fa il suo ingresso nell’età del Bronzo, ma sarà a partire dalla fine del IX sec. a.C. che diventerà presenza costante nei corredi funerari delle aristocrazie indigene, la cui abbondanza in forma anche figurata diventa elemento qualificante delle sepolture femminili di alto rango. Verso la fine del VII sec.a.C. inizia una produzione di ambra intagliata definita “italica” che trova importanti riscontri in necropoli quali Sala Consilina, Padula ma soprattutto Roscigno. In particolare le ambre presentano una peculiarità lavorativa tale da consentire una ipotesi di lavorazione interna gravitante attorno al Vallo di Diano. Esemplari di questo tipo nei corredi pestani degli inizi del IV sec. a. C., quando oramai la città greca è interessata dall’occupazione lucana, è la riprova di una circolazione dall’interno verso la costa. I manufatti d’ambra cioè sottolineano che le popolazioni indigene pur recependo e rielaborando costumi ellenici mantengono stretti legami con le loro tradizioni. Le ambre recuperate a Roscigno sono una chiara testimonianza di quanto detto sin’ora, esse raffigurano nella maggior parte testine femminili e costituiscono nell’ambito delle ambre intagliate un unicum tanto da esser definite ambre “tipo Roscigno”. Alcune di prospetto altre rivolte a destra altre a sinistra, queste testine sono tutte caratterizzate da grandi occhi amigdaloidi sottolineati da profonde linee incise. La testa, inoltre, è sormontata in alcuni casi da un copricapo conico appuntito con incisioni orizzontali. E’ interessante sottolineare come in alcuni casi l’artigiano si sia adeguato alla forma naturale del pezzo d’ambra. Significativo, inoltre, è il rinvenimento di ambre “tipo Roscigno” nel Santuario della Mefite nella Valle d’Ansanto forse uno dei ritrovamenti più antichi che ben documentano la produzione intra regionale. In conclusione l’areale di distribuzione delle ambre “tipo Roscigno” si sviluppa tra la Campania e la Lucania Occidentale con un arco cronologico compreso tra i primi decenni del V sec. e la prima metà del IV sec. a.C.

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