Un tavolo tecnico per il problema cinghiali. Piano: “Può diventare un business”

Paola Desiderio
Cinghiale

CAPACCIO. Entro fine agosto verrà convocato un tavolo tecnico per discutere il problema dei cinghiali.

E’ quanto è stato deciso ieri, al termine dell’incontro in Piazza Basilica al quale erano presenti Vincenzo Patella, presidente pro loco Silarus, Vincenzo Storti, presidente ATC Salerno, Giovanni Piano, consigliere ATC Salerno, Claudio Aprea, direttore Fondazione Giambattista Vico, Domenico Fulgione, docente di Biologia dell’Università Federico II, Francesco Palumbo, sindaco di Giungano, Orlando Paciello, presidente dell’Ordine dei medici veterinari di Salerno, Filippo Iasco, in rappresentanza della Regione Campania e Vincenzo Pepe, presidente della Fondazione Giambattista Vico.

I cinghiali ormai arrivano fin nella piana dove distruggono le piantagioni di mais. Ma non è solo un problema economico. C’è anche un problema di salute. «I cinghiali sono serbatoi di malattie, è necessario che dopo la caccia tutti i cinghiali vengono sottoposti ad analisi. Se le carni passano per le ispezioni sanitarie, come prevede la legge, possono entrare nel canale commerciale perché hanno qualità organolettiche importanti» ha spiegato Paciello.

«Il cinghiale può diventare un business. – ha suggerito Giovanni Piano – la sua carne, come succede al Nord, può essere controllata e venduta, diventando un prodotto tipico».

La caccia dei cinghiali è consentita dall’1 ottobre al 31 dicembre soltanto al di fuori del perimetro del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. La carne dei cinghiali di quest’area può essere anche venduta. All’interno del Parco, invece, sono autorizzati alla caccia soltanto i “sele-controllori” abilitati dal ministero dell’Ambiente. Nel 2005 ne sono stati abilitati circa 90, ma ne sono in attività meno di 60, si stima circa una trentina. Di recente il Parco ha fatto un bando per abilitarne altri e si potrebbe arrivare a 250. I sele-controllori possono cacciare tutto l’anno ma la carne, sempre sottoposta a controlli, può essere consumata ma non venduta. Tuttavia il numero di cinghiali all’interno del perimetro del Parco è in aumento. «Con il professore Pepe abbiamo voluto lanciare l’allarme. – ha spiegato Patella – il numero dei cinghiali è troppo elevato, bisogna trovare soluzioni: in primo luogo è necessario il controllo sanitario di questi animali che sono portatori di malattie. Sarebbe opportuno creare delle “case di caccia” in cui effettuare i controlli. E creare dei campi a perdere in alta quota e risorse idriche in modo che non scendano a valle».

Il motivo principale per cui i cinghiali scendono a valle è l’uccisione del capo branco, un fenomeno che si verifica perché la caccia viene effettuata senza le competenze adeguate. Tra le varie idee emerse nel corso dell’incontro anche quella di trasferire i cinghiali dalle aree protette in quelle non protette per farne economia.

«Tra il 24 e il 29 agosto verrà convocato un tavolo tecnico in Regione. – ha detto Iasco – il problema è agricolo, sanitario e ambientale, per cui occorre coinvolgere competenze di diverso tipo».

La presenza dei cinghiali in numero così numeroso mette anche a rischio le biodiversità che il Parco tutela.

«Il tavolo tecnico sarà utile per equilibrare alcuni aspetti. – ha aggiunto Pepe – ma se non c’è monitoraggio la politica deve farsi sentire in modo più forte o deve farlo la magistratura».

In realtà molti strumenti ci sono già, ma non vengono utilizzati.

«Bisogna richiamare alla responsabilità chi è preposto ai controlli» ha concluso Palumbo.

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