Venerdì 17, spazio alla superstizione

Giuseppe Conte

Una credenza tutta italiana quella legata a questo giorno in cui si scatena un connubio d’eccellenza: “Venerdì” e “17”. E il perché è tutto un mistero seppur al primo posto in numeroso teorie o, talvolta, al centro di sfarzose leggende.


Il Venerdì è il giorno dedicato a Venere, rappresenta per la gran parte l’ultimo giorno della settimana lavorativa e, nel panorama cristiano coincide con il giorno della morte del Cristo. È forse legato a quest’ultimo evento l’affinità tra il Venerdì e la sventura? Del resto la Chiesa ha sempre avuto particolare influenza nell’animo umano. Basti pensare che, sopratutto nei decenni passati, era molto diffusa tra i devoti assidui, l’usanza di digiunare o fare penitenza il quinto giorno della settimana, proprio per rispetto al Cristo. Di sicuro c’è chi in questo frangente avrà odiato questo giorno.
Il 17, invece, può avere molteplici significati. Dai greci ai romani ricorre in più contesti e inevitabilmente compare anche nella tradizione biblica e dunque ancora una volta subentra la realtà cristiana. Il 17 è posto tra il 16 e il 18 i numeri che rispecchiano perfettamente la rappresentazione di quadrilateri, è forse per questo che veniva disprezzato dai seguaci di Pitagora. Nel mondo romano le iscrizioni funebri recavano spesso l’iscrizione “VIXI” (ho vissuto e dunque ora morto), anagramma perfetto del giorno “XVII”. Secondo l’Antico Testamento, invece, il diluvio universale ebbe inizio proprio il diciassettesimo giorno del secondo mese.
La tradizione della disgrazia, legata al “Venerdì 17”, è comunque circoscritta all’Italia ed ai paesi che sono stati influenzati dalla cultura greco-romana; altri paesi, in controtendenza, riconoscono come numero della sfortuna il 13 che, invece, è il numero associato alla fortuna in altri paesi.
E se il tutto capita con questa bella giornata di sole: attenti alle scale!

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