Il Cilento dei Cilentani

Piaggine, dai “parmarieddi” al suono della “troccana”

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Usi e tradizioni caratterizzano la “Settimana Santa” di tanti piccoli centri del nostro territorio. In alcuni di essi, i momenti più significativi sono spesso il frutto di antiche usanze che affondano la loro origine nella cultura popolare.

La Domenica delle Palme. Oltre al tradizionale ramo d’ulivo che viene benedetto è d’uso la preparazione dei “parmarieddi”, gnocchi ottenuti incavando l’impasto con tutte le dita della mano contemporaneamente, ad eccezione del pollice. È il caso di Piaggine. L’usanza, probabilmente legata alla cultura rurale, sostiene che, quanto più lungo sarà il “parmarieddo” più grande sarà la “spiga di grano” nel prossimo raccolto. E il connubio con il mondo cristiano assume un valore simbolico, in questo caso reso dal numero “tre”, che, oltre ad essere numero perfetto, rappresenta la “Trinità”. I “parmarieddi”, dunque, richiamano: le “palme”, i rami d’ulivo come espressione di pace; “il palmo” della mano che lavora per ottenere la caratteristica forma della pasta; il “palmo” come unità di misura del grano.  

Sabato Santo. La “Passione di Cristo” è da sempre vissuta con grande devozione e rispetto nei paesi del Cilento. Come segno di lutto, fino alle celebrazioni della “Veglia Pasquale” non è consentito il suono delle campane. In passato, le celebrazioni della vigilia venivano annunciate con un sordo suono, scaturito da strumenti in legno: la “zerra” e la “troccana”. Un tipico “fracasso” echeggiava per le vie del paese, attutito solo dalle mura domestiche, che, talvolta, scorrono gemelle, man mano che ci si addentra negli stretti vicoli. Anche questa usanza, fa parte del patrimonio culturale di Piaggine.

(Grazie a M. Petrone per la foto)

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