Cultura

Giornata nazionale del Dialetto e delle Lingue locali

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Cogliendo l'iniziativa lanciata dall'UNPLI (Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia) l'associazione di riferimento di tutte le Pro Loco d’Italia, anche quest'anno la nostra testata ha deciso di dare il suo contributo alla tutela ed alla valorizzazione del dialetto locale, proponendo - limitatamente agli articoli di attualità e cultura – gli scritti affiancati alla traduzione in “lingua locale” nella giornata del 17 Gennaio.

L'iniziativa, al solo scopo di promuovere la propria “parlata”, sarà celebrata nel giorno dedicato alla III edizione della “Giornata nazionale del Dialetto e delle Lingue locali”. Senza alcuna pretesa di originalità gli articoli saranno accompagnati dalla traduzione dialettale. Sarà possibile notare le differenze tra un lavoro e l'altro, dovuto alle diverse sfumature del “parlato” appartenente alla dialettica ed al bagaglio culturale di ciascun cronista. È noto che questa testata abbraccia una vasta area geografica riconosciuta come “Cilento” e i suoi cronisti provengono da diversi luoghi del territorio: ne consegue una notevole quantità di varianti che renderà l'appuntamento ancora più interessante.

Alcuni cenni sulla produzione scritta del dialetto locale. Se gli studi sul dialetto cilentano hanno una data di inizio, essa necessariamente va a coincidere con la stesura della lettera di Federico Piantieri “Del Cilento e del suo dialetto” indirizzata ad Ernesto Palumbo officiale della Biblioteca Nazionale di Napoli. Porre lo scritto di Piantieri come il primo lavoro “su carta” circa il dialetto cilentano è assolutamente accettabile da un punto di vista cronologico (1869); più discutibile è invece la posizione che dobbiamo assumere se ci appelliamo ad un punto di vista strettamente “grammaticale”. La lettera del Piantieri, da questa angolazione, risulta abbastanza scarna; bisogna però sottolineare, a tal proposito, che lo sforzo dello studioso è notevole, se si pensa che all’epoca non vi era alcuna bibliografia da cui attingere, e inoltre, è lo stesso autore a precisare che questo suo lavoro non è altro che “uno scritterello intorno al dialetto del Cilento”. Grammaticalmente parlando, invece, dobbiamo aspettare gli anni ‘30 del ‘900 per avere un’adeguata produzione scritta, che sarà poi alla base dei futuri studi su questa nobile parlata: 1932, lo studioso americano Lewis Amadeus Ondis, da alla luce uno scritto (in origine) in lingua inglese, il quale, solo un cinquantennio dopo verrà tradotto in italiano. Il primo interessante sutdiosulla linguistica cilentana, proviene, dunque, da mani oltreoceano. Ondis accentra la sua attenzione sulla fonologia; 1937, ancora uno straniero compie studi sul dialetto cilentano: il grande glottologo tedesco Gerard Rohlfs, da vita ad uno originale articolo-glossario sulla terminologia cilentana. Il lavoro rolfiano nasce come risposta-reazione alla posizione assunta da Ondis nella sua fonologia, seppur non apertamente contrastando i suoi studi. Nei lustri che seguono tale periodo la produzione scritta che annota caratteristiche del dialetto cilentano si intensifica e fino a tempi recenti continuano ad avvicendarsi diversi contributi, utili al tramando ed alla salvaguardia di questa parlata.

Brevi osservazioni linguistiche. Il dialetto cilentano spesso differisce in modo abbastanza marcato anche tra paesi posti a poca distanza tra loro, ma conserva anche alcune affinità, non solo nel territorio bensì anche rapportandolo a quelli limitrofi che non rientrano nella stessa area geografica.

Da un'analisi linguistica assai sommaria, si notano divergenze vocaliche tra il cilentano e i restanti dialetti meridionali. Nel nostro dialetto le vocali accentate dipendono dalla finale, mentre ciò non accade nei dialetti calabresi e siciliani, i quali tendono a chiudere in “i” e “u” la “e” e la “o” (entrambe vocali chiuse), indipendentemente dalla finale. Affinità con diversi dialetti meridionali sono invece il nesso “nd”, come in “quando”, che diventa “nn”, restituendoci “quanno”, mentre la doppia l “ll” di “gallina”, si rende in “dd”, dandoci “addina”.

Fuori dai confini storici del Cilento una particolarità è data dall'assenza di dittonghi nel dialetto di Camerota, presenti invece nel restante territorio; ciò conferisce a questo centro l'appellativo di “isola linguistica” poiché analizzando il dialetto locale, il territorio camerotano va integralmente scorporato per le sue particolarità. Questo dato è importante per evidenziare che il dialetto cilentano non è definibile tale, o meglio più che dialetto il cilentanto è un vero e proprio “sistema linguistico” in cui convivono numerose “lingue secondarie” che si fregiano indistintamente dell'appellativo “cilentano”. Tuttavia, differenze abbastanza marcata, sono evidenti anche tra paesi geograficamente vicini, i quali però, nel corso dei secoli hanno sviluppato una parlata quasi autonoma rispetto a quelle dei dintorni. È così che la varietà dei “parlati” che insistono sul Cilento arricchiscono notevolmente il patrimonio culturale locale. In ultimo, aggiungo che, sono state proprio le notevoli diversità a rendere impossibile una stesura di un unico apparato grammaticale che possa soddisfare le esigenze linguistiche dell'intero comprensorio.


 

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