Cultura

Alla scoperta del territorio: Valle dell'Angelo

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Il Comune piĆ¹ piccolo della Campania

Alle pendici del Monte Ausinito, confinante al Massiccio del Cervati è adagiato Valle dell'Angelo. Sono circa 250 gli attuali abitanti, e questo dato conferisce al paese il primato di Comune più piccolo della Campania. Fino a qualche anno fa a capeggiare la lista dei paesi meno popolati, era Serramezzana, poi la rimonta di Valle dell'Angelo, che, ahimè, vanta ora questo primato. Numeri comunque lontani dai minimi storici; basti pensare che in Italia Pedesina e Morterone, rispettivamente in provincia di Sondrio e di Lecco, detengono il primato assoluto: contano poco più di 30 abitanti ognuno. Gli stessi numeri, però, sono ragguardevoli se si considera che nel 1950 la popolazione superava le 800 unità e circa un secolo fa, i vallangiolesi erano oltre 1000. Forse i freddi inverni e la conformazione del territorio che ha impedito fluide comunicazioni, ha contribuito all'emigrazione verso il resto della penisola, gli Stati Europei ed i Paesi d'oltreoceano; ad alimentare il fenomeno anche la difficoltà occupazionale che ha influito sulla sofferta scelta di abbandonare i propri luoghi. È il quadro che rappresenta a livello simbolico tante altre realtà del Cilento e dell'intera penisola, seppur in maniera minore o superiore secondo i singoli casi.

Una superficie di 37 kmq e un'altitudine di circa 620 metri s.l.m., confina con i comuni di Laurino, Sanza, Rofrano e la vicinissima Piaggine, a cui ha legato parte della sua storia, quando quest'ultimo si distaccò da Laurino. Ancor prima, invece, ha condiviso le vicende di Laurino sia sotto l'aspetto amministrativo sia sotto l'aspetto sociale, fino all'elevazione a comune autonomo con il nome di Piaggine Sottane per distinguerlo dall'allora Piaggine Soprane. Ecco perché è anche stato denominato “Casaletto” di Piaggine, toponimo che permane ancora oggi nella memoria popolare, soprattutto nell'identificazione dei suoi abitanti: “casalettari” prima ancora che “vallangiolesi”. Probabilmente la sua nascita fu ad opera “di monaci” approdati nella zona nel X secolo, e su questa ipotesi si innesta la possibilità che l'antico nome dei suoi abitanti “li piroti”, tragga origine proprio da questa circostanza: provenienti dall'Epiro (epiroti/li piroti), potrebbero aver così lasciato tracce della loro presenza nell'onomastica locale.

Osservando il paesaggio dai sentieri posti tra le gole del Calore e l'abitato di Piaggine, si scorge un pugno di case che fanno da corona ad una chiesa: in un contesto ambientale assai suggestivo appare Valle dell'Angelo. Una immagine presepiale, che allo sguardo suscita un fascino unico. Il suono delle campane avvolge l'atmosfera: riecheggia nella vallata offuscata da un tiepido sole. Qui il cielo sembra davvero incontrarsi con il verde della natura, fondendosi con la terra. Per le vie del paese emerge, incontrastata, la tranquillità del posto, che ancora una volta affascina sia l'animo che lo sguardo. In poco tempo si attraversa il paese e si giunge alla piazza sulla quale si affacciano le maestose architetture della Parrocchiale di San Barbato con il suo campanile. In questo punto qualche attimo per assaporare la bellezza del posto è d'obbligo.

La storia in due culti:

San Barbato, il Vescovo protettore. Da sempre patrono del paese, in origine una piccola cappella venne edificata in suo onore. L'espandersi dell'abitato, la crescita della popolazione e la magna devozione richiesero in seguito, l'edificazione dell'attuale parrocchiale. Anch'essa fin dagli albori fu consacrata al Santo. La conformazione attuale, rispecchia a grandi linee la prima struttura parrocchiale, pur avendo, nel corso dei secoli, subito ristrutturazioni e abbellimenti, fino a renderla una delle più belle dell'odierno Cilento. Nella seconda metà del 1500 la Chiesa di San Barbato ottiene l'indipendenza dalla Collegiata di Santa Maria Maggiore di Laurino, a cui facevano capo anche Piaggine - all'epoca Soprana per distinguerla da Piaggine Sottane, l'attuale Valle dell'Angelo - e Villa Littorio - che in quel tempo portava il nome di Fogna -; in precedenza qui si celebravano le funzioni religiose solo se autorizzate da Laurino. Circa un secolo dopo, invece, ottiene anche la sacra fonte battesimale. L'ingresso principale è affiancato da due porte laterali, in corrispondenza delle relative navate. Oltre all'altare principale, pregevoli tele e statue conferiscono ulteriore fasto alla Chiesa; come si conviene nella tradizione più classica, la statua del Santo patrono viene portato in processione nella Solennità che ricorre il 19 Febbraio e in modo votivo il 31 Luglio. Tuttavia, la ricorrenza estiva raccoglie maggior consenso, sia per le favorevoli condizioni climatiche sia per il rientro di numerosi emigranti che per l'occasione ritornano in paese. Inoltre, fin dal passato, alla ricorrenza partecipano anche fedeli provenienti dai centri vicini. Numerose “le centé” che in tale giorno accompagnano il corteo processionale, a testimonianza di una magna devozione.

San Michele, storia e leggenda di una grotta. In località Costa della Salvia si trova la grotta di San Michele. Usanza assai diffusa in passato è stata quella di consacrare all'Arcangelo una cavità naturale, adibendo a luogo di preghiera il posto e ponendo sotto la sua protezione il paese e la comunità che lo popola. Anche in questa circostanza, come accade altrove, il luogo sacro è legato ad una leggenda. Secondo una prima versione, un gruppo di pastori rimase bloccato nella grotta per via delle sfavorevoli condizioni climatiche. Altre attribuiscono l'accaduto ad una pastorella del paese. In entrambe le varianti, il fine è lieto, poiché dopo aver chiesto l'intervento di San Michele, i malcapitati riescono a far ritorno a casa. Almeno a partire dal 1600 nella grotta dell'Ausinito è stata custodita una statua di San Michele che accoglieva i pellegrini. A periodi alterni, la grotta è stata meta di numerosi fedeli che raggiungevano il “piccolo santuario” tramite un faticoso sentiero. Una prima fase di declino del culto sussiste nella seconda metà del 1600, in seguito al furto della statua, negli stessi anni in cui una nota epidemia di peste colpì il territorio. Ciò determinò il primo graduale abbandono della grotta. A metà del secolo seguente, la riconoscenza del popolo per le grazie ricevute, ripristinò nuovamente il culto per l'Arcangelo a nell'800 fu donata una nuova statua di San Michele. In devoto pellegrinaggio dal paese si trasportava l'immagine del Santo, percorrendo l'impervio percorso che permetteva l'accesso. Ora la grotta era raggiungibile attraversando l'antico ponte e imbattendosi lungo i pendii della montagna. La ripresa del culto si rivelò un buon tentativo per il ripristino totale della festività; tuttavia, agli inizi del 900, ancora una volta la sopravvivenza della ormai tradizione è messa a rischio. L'ondata migratoria riduce il paese a poche centinaia di abitanti, rendendo l'afflusso alla grotta sempre meno consistente. Ad oggi, la grotta si San Michele è sempre meno visitata, ma la buona volontà del popolo, cerca di preservare il luogo, mantenendo viva la tradizione e conservando le memorie delle origini.

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