Cultura

251 anni fa nasceva Luisa Sanfelice dei duchi di Agropoli e Laureana

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Il 28 febbraio del 1764 nasceava a Napoli Maria Luisa Sanfelice dei Duchi di Agropoli e Lauriano (l'odierna Laureana), la cui figura è indissolubilmente legata al nostro territorio. Ancora oggi è definita la martire involontaria della rivoluzione napoletana. Fu giustiziata l'11 settembre del 1800 a Napoli.

Il primo a raccontare la storia di Luisa Sanfelice fu Alexandre Dumas, che in un romanzo di 1700 pagine ne fa una giovanissima eroina romantica, una rivoluzionaria per amore, travisando in realtà la sua reale storia.

Luisa nasce dalla nobile famiglia dei De Molino e giovanissima sposa don Andrea Sanfelice, del ramo cadetto dei Duchi di Lauriano. La loro è una coppia sempre negativamente alla ribalta delle cronache mondane del regno napoletano: hanno tre figli e conducono una vita disordinata. Nel 1787 il re in persona interviene per tentare di far mettere la loro testa a partito. Sua Maestà Ferdinando IV nomina un amministratore fiduciario per quanto riguarda il dissestato patrimonio, colloca i tre bambini in collegi aristocratici e spedisce i due coniugi nelle terre di famiglia ”a metter giudizio e racimolar denaro per pagare i debiti”. I due, quindi, sono costretti a restare prima nel loro palazzo di Laureana e poi nel castello di Agropoli (dove rimase dal 1783 per otto anni). Nel 1791, secondo un rescritto reale, la situazione è questa: “in niente corretti essendosi i coniugi Don Andrea Sanfelice e Donna Maria Luisa De Molino, ma continuato avendo a menare la solita vita rilasciata e scandalosa all’eccesso”, il re passa a provvedimenti più severi facendo internare il marito in un convento a Nola e la moglie nel Conservatorio di Santa Sofia in Montecorvino Rovella, considerati “luoghi di buon aere e di edificazione”. Per tre anni i due scapestrati stanno rinchiusi in convento, poi Andrea scappa, rapisce la moglie e tornano a Napoli. Il re chiude un occhio.

Si arriva all’aprile del 1799, siamo alla Rivoluzione Napoletana, poiché il nuovo governo repubblicano ha cancellato tutti gli antichi privilegi che tutelavano gli aristocratici insolventi la trentacinquenne Luisa è separata, o temporaneamente vedova come si diceva, perché Don Andrea si è dato alla macchia per sfuggire ai creditori e lei si fa ospitare presso un’amica, la Duchessa di Capuano. Conduce una vita noiosa, niente feste ma solo ansia e incertezza. Le navi inglesi hanno rioccupato le isole di Ischia e Procida e minacciano il porto di Napoli, le truppe francesi del generale Championnet presidiano la città, i fedeli al vecchio regime reale saccheggiano le campagne, le bande di làzzari del cardinale Ruffo, vicario del regno, si organizzano per riconquistare la città.

Lei accetta di farsi corteggiare “assiduamente” da Gerardo Baccher, banchiere legato al vecchio regime reale e spera nel ritorno dei vecchi tempi, e da Ferdinando Ferri, un ex avvocato che ha indossato i panni della Guardia Civile e si dichiara repubblicano ardente. 

Un giorno di questo aprile Luisa riceve la visita del Baccher il quale le confida che la sua famiglia è a capo di un complotto: il prossimo primo giorno di festa le navi inglesi e siciliane avrebbero bombardato Napoli, la milizia repubblicana sarebbe accorsa alla difesa del porto lasciando la città sguarnita e preda della plebe ostile ai francesi e dei fedeli del re che li avrebbero guidati. Inoltre, racconta sempre Baccher a Luisa, si è già provveduto a contrassegnare con simboli convenzionali i muri delle case da incendiare o tutelare, sono stati approntati salvacondotti per garantire gli amici dalle rappresaglie, e gliene consegna uno. 

Non appena Baccher se ne va, Luisa corre da Fernando Ferri e gli consegna il salvacondotto. Il giorno dopo Luisa è convocata per essere interrogata dal tribunale rivoluzionario. Infatti, il suo amante ha subito informato chi di dovere di quanto si sta tramando, gli amori di Luisa diventano di dominio pubblico, lei si rifiuta di dire il nome del suo informatore, ma sulla carta ci sono i contrassegni della famiglia Bacchet e fioccano gli arresti, tutti i congiurati finiscono nelle carceri di Castel Nuovo in attesa di giudizio. 

La Sanfelice se ne sta nascosta “timorosa di pubblico vituperio”, ma il 13 aprile 1799 la sua azione “coraggiosa” è esaltata in un articolo sul Monitore Napoletano, firmato da Eleonora Pimentel Fonseca ex bibliotecaria della Regina e diventata la musa ispiratrice della Rivoluzione. 

Diventa quindi madre e salvatrice della Patria suo malgrado.

Alla fine di aprile le truppe francesi abbandonano Napoli, scoppia l’anarchia, i làzzari di Ruffo circondano la città, il 1° maggio il re, da Palermo, invia al cardinale una lista di “patrioti” da arrestare tra i quali c’è anche la "rivoluzionaria" Luisa Sanfelice.

Il processo  inizia nella prima metà di settembre. Il 25 settembre arriva il messaggio regale: deve essere giustiziata. Il 29 Luisa rientra nella cappella del castello del Carmine in compagnia di altri sei condannati e mentre prega con gli altri, ecco che rialza il capo e profferisce la frase fatidica: “Non possono uccidermi, aspetto un figlio”. Secondo una legge risalente agli Svevi, l’esecuzione delle donne incinte doveva essere rimandata a quaranta giorni dopo il parto. 

Il giudice Vincenzo Speciale non la beve e convoca una commissione medica presieduta dal più illustre clinico napoletano, Antonio Villari, per avere conferma. Questi visita la prigioniera e dichiara l’autenticità della gravidanza che è “di tre in quattro mesi”.

Ben presto, però, si scoprirà che l'attesa del figlio era soltanto una bugia. Deve essere condannata, ma... c'è ancora una speranza: il 26 agosto 1800 nasce il primo nipote maschio del re il quale, per antica usanza, deve concedere le tre grazie. La madre del bambino fa il suo nome, ma il re s'infuria e non ammette ragioni.

Luisa è condotta al confortoratorio, a metà mattinata la folla che non se lo aspettava la vede comparire in piazza Mercato, dove era stato eretto il palco con il ceppo e la scure. Luisa si rivolge a padre Puoti che l’accompagna e gli chiede: “Si soffre molto, padre, ad avere la testa tagliata?”. Nessuno poteva risponderle, di sicuro la sua morte è stata atroce. Spaventato da un colpo di fucile sparato per caso da un soldato, il boia fa cadere malamente la scure e le fracassa una spalla, la folla incomincia a rumoreggiare, innervosito la finisce con il coltello da caccia. È sepolta nella chiesa del Carmine. Fu la sola a pagare: il suo grande amore Fernando Ferri, ritornato a Napoli, dopo aver abiurato al passato di rivoluzionario riconquista il favore dei Borboni, è nominato ministro delle Finanze e muore ultra novantenne.

La storia di Luisa Sanfelice è stata oggetto di diverse opere: oltre ad Alexandre Dumas, hanno scritto di lei anche altri autori tra cui Benedetto Croce. Per il cinema è stato realizzato un film sulla sua storia nel 1941. Ad esso è ispirato uno sceneggiato televisivo del 1966. Di recente è stata messa in onda anche una miniserie con Laetitia Casta e Adriano Giannini. 

 

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